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14/03/2025 17:41
Il prelievo coattivo di DNA di Andrea Sempio sarà confrontato non solo con le tracce sotto le unghie di Chiara, ma anche con altri reperti biologici trovati sulla scena del crimine.
Si direbbe che l’elemento chiave e il punto di partenza della nuova indagine sull’omicidio di Chiara Poggi disposta dalla Procura di Pavia, sia proprio questo.
Già nel 2017, investigatori privati avevano prelevato campioni di DNA di Sempio da una tazzina di caffè e una bottiglietta d'acqua, portando il consulente Pasquale Linarello a sostenere una corrispondenza con il DNA sotto le unghie della vittima. Tuttavia, questa ipotesi fu smentita in sede giudiziaria: il perito Francesco De Stefano dichiarò i risultati “incostanti e soggetti a possibile contaminazione ambientale”, rendendo impossibile attribuire quel DNA a qualcuno, compreso Stasi. Il giudice definì la consulenza “priva di valore scientifico” e archiviò il caso.
La difesa di Sempio ha sempre sostenuto che eventuali tracce di DNA potessero derivare dall’uso comune di oggetti nella casa Poggi, come mouse e tastiera del computer di Chiara: un computer che il fratello, Marco, utilizzava spesso assieme ai suoi amici, Sempio compreso, «per eseguire videogiochi comandati dalla tastiera». Quindi «è assolutamente compatibile che irrilevanti quantità di materiale genetico di Sempio si siano depositate sulle unghie di Chiara quando ha utilizzato tali oggetti».
Inoltre, nel 2020, una seconda indagine ipotizzò il coinvolgimento di Sempio, analizzando telefonate sospette e impronte compatibili con la sua taglia di scarpe, il 44 e non il 42 di Stasi. Ma il giudice Villani archiviò il caso, escludendo la presenza di complici nell’omicidio.
Nel frattempo, i Carabinieri di Milano hanno ottenuto dalla Procura generale milanese il fascicolo completo su Alberto Stasi, condannato definitivamente a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara. Anche perchè, per scagionare Stasi e rimettere in discussione la sua condanna, servirebbe una richiesta formale di revisione del processo.
Ora, nonostante anni di perizie e archiviazioni, la Procura di Pavia e i Carabinieri di Milano insistono sulla necessità di nuove verifiche, convinti che il caso Garlasco sia ancora da riscrivere.