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24/04/2025 16:46
Un’aggressione al giorno. È la media allarmante registrata nel 2024 al pronto soccorso del Policlinico di Milano: 234 casi, 150 in più rispetto all’anno prima. Succede nel cuore della città, dentro uno dei presidi simbolo del sistema sanitario. Ma non è un’eccezione.
Al Niguarda, dove da oltre due anni c’è la figura del “caring nurse” — un infermiere che gestisce l’attesa per evitare escalation — i numeri restano alti ma più stabili: appena due segnalazioni al pronto soccorso, otto in più nei reparti e 13 nelle aree comuni. Segno che il modello, forse, funziona.
Al San Paolo le violenze negli accessi di emergenza sono salite di 25 unità. Al Fatebenefratelli-Sacco, 15 in più tra i pazienti in ingresso e 34 tra corridoi, hall e sale d’attesa. Non va meglio fuori dagli ospedali: negli studi dei medici di famiglia della zona di Ats Milano sono stati segnalati 586 episodi.
Il dato complessivo? In città si picchia, si insulta, si minaccia. Ma spesso non si denuncia. Tre volte su quattro si tratta di violenza verbale, il più delle volte da parte dei pazienti stessi, esasperati dalle attese o convinti di passare avanti.
Per la prima volta nel 2024 il monitoraggio ha incluso anche il privato. Ma se i numeri dell’Humanitas e del San Raffaele sembrano più contenuti — 52 nei reparti, 37 nei pronto soccorso l’uno; 38 e 16 l’altro — il problema, dicono i dati, è nella frammentazione delle risposte: i grandi gruppi privati faticano ancora a fornire un quadro completo.
E nel frattempo la tensione sale. Basta un niente, una parola storta, e scatta la scintilla. Qualche giorno fa, al San Donato, un 25enne ha distrutto la hall a mani nude. «Serve un monitoraggio serio, ovunque — dice Carmela Rozza, promotrice della legge regionale contro le aggressioni ai sanitari — perché il personale, pubblico o privato che sia – aggiunge - ha diritto a lavorare in sicurezza. Ma la macchina si è messa in moto solo adesso».