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11/03/2025 14:42
Il primo caso di suicidio medicalmente assistito in Lombardia ha aperto un acceso dibattito politico, culminato nell’informativa del presidente Attilio Fontana in Consiglio regionale. Il governatore ha difeso l’operato della Regione, sottolineando che la procedura si è svolta nel rispetto della sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale, con un iter regolato e supervisionato da un Comitato Etico. Fontana ha inoltre ribadito che la Regione si è attenuta scrupolosamente alle indicazioni giurisprudenziali, senza compiere forzature né omissioni, evidenziando la necessità di un quadro normativo nazionale più chiaro.
Ma le posizioni sono tutt'altro che univoche. Fratelli d’Italia ha espresso ferma condanna, accusando Fontana e l’assessore al Welfare Guido Bertolaso di essersi spinti troppo oltre senza attendere una legge nazionale. Una frattura interna alla maggioranza, con la Lega che invece ha difeso l’operato del governatore, ritenendo troppo rigida la posizione degli alleati di governo. Emblematico il caso di Vittorio Feltri, consigliere di FdI, che si è apertamente schierato a favore del diritto all’autodeterminazione sul fine vita, invocando un referendum sul tema.
Sul fronte dell’opposizione, il Movimento Cinque Stelle ha attaccato Fontana, accusandolo di proteggere Bertolaso senza affrontare concretamente il tema. Il Partito Democratico ha invece sottolineato l’incoerenza della Regione, che solo pochi mesi fa aveva ritenuto il suicidio assistito una questione non di competenza regionale, per poi di fatto consentirlo.
Il caso riaccende il dibattito sulla necessità di una legge nazionale che disciplini in modo chiaro il fine vita, evitando zone grigie e conflitti istituzionali come quello esploso in Lombardia.