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07/02/2025 13:06
Carmela Calabrese è stata assolta nel processo di appello per l’omicidio di Ibrahim Mohamed Mansour, ucciso nel gennaio di due anni fa a Cassolnovo e ritrovato morto carbonizzato nelle campagne della Morsella, a Vigevano. In primo grado la Corte d’Assise di Pavia aveva disposto una condanna a 30 anni, esattamente come per gli altri due imputati, il marito Antonio Rondinelli e il figlio Claudio Rondinelli, accusati di essere stati gli esecutori materiali del delitto avvenuto in ambito familiare. Per Antonio la Corte d’Assise d’Appello ha ridotto la pena a 25 anni, 24 per Claudio.
In primo grado il giudice aveva equiparato le responsabilità di tutte le persone coinvolte nell’omicidio di Ibrahim, avvenuto a colpi di pistola e fucile nel capannone di Cassolnovo in cui viveva. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il 44enne egiziano sarebbe stato ucciso per le continue richieste di denaro ai Rondinelli, a cui era legato per aver avuto una bambina da Daniela, la figlia minore.
Proprio l’affidamento della bambina sarebbe stato alla base delle tensioni con la famiglia, sfociate in una lite al telefono tra Ibrahim e Carmela Calabrese, la sera del delitto. Da quella lunga telefonata, fatta allo scopo di intrattenere a lungo la vittima, secondo l’accusa, sarebbe partito il piano per uccidere Mansour, raggiunto poi nel suo capannone da Antonio, Claudio e Massimo Rondinelli, l’altro figlio condannato che per primo ha ammesso di aver sparato da solo.
Per Massimo Rondinelli c’era già stata una condanna a 19 anni, con il rito abbreviato. Ha patteggiato una pena di un anno e mezzo il testimone chiave del processo, il genero Luigi D’Alessandro, all’epoca legato a Elisa Rondinelli, sorella di Daniela. Secondo quanto ricostruito, fu proprio D’Alessandro a partecipare alla distruzione e al trasporto del cadavere, suggerendo di trasferirlo nelle campagne della Morsella, una zona dove è molto attivo lo spaccio di sostanze stupefacenti.