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16/06/2025 16:33
Un’intera città bloccata da una sigla di quattro lettere: SCIA. Dietro di lei, un labirinto normativo e un’inchiesta giudiziaria che ha congelato decine di cantieri, mettendo in ginocchio il mondo dell’edilizia milanese. Geometri, architetti, agenti e intermediari immobiliari, assicuratori, fondi e piccole imprese: sono centinaia i professionisti e le famiglie rimaste impantanate, senza risposte e senza prospettive.

Al centro del caos, la SCIA alternativa al permesso di costruire, prevista dall’articolo 23 del Testo Unico dell’Edilizia. Si tratta di uno strumento pienamente legittimo, che consente di avviare anche interventi rilevanti — come demolizioni e ricostruzioni con aumento di volume — dopo aver acquisito tutti i pareri necessari. Ma che oggi è finito nel mirino della magistratura, non tanto per la sua natura, quanto per l’uso che ne sarebbe stato fatto in alcuni casi, oggetto di contestazione.

Uno dei nodi principali riguarda gli oneri concessori: secondo l’ipotesi investigativa, il ricorso alla SCIA avrebbe consentito a diversi operatori di risparmiare somme significative, che sarebbero invece dovute con un regolare permesso di costruire. Una lettura che molti immobiliaristi respingono. Ricordano che anche con la SCIA si affrontano costi elevati: bonificare, demolire e rigenerare aree dismesse richiede investimenti importanti e contribuisce comunque alla riqualificazione urbana.

Ora il Comune, per cautelarsi, ha sospeso il rilascio di nuove autorizzazioni, bloccando di fatto un settore già fragile. Nel frattempo, gli operatori chiedono risposte — e ristori — come accadde per bar e ristoranti durante il Covid. Perché far ripartire un cantiere non è questione di giorni: servono mesi, a volte anni. E ogni mese che passa non è solo una casa in meno riconsegnata: è una famiglia che resta in attesa, un altro pezzo di città che rimane incompiuto.