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23/10/2025 16:21
Punti d’impatto diversi, traiettorie opposte, distanze che non coincidono.
Le perizie sull’incidente in cui è morto Ramy Elgaml, 19 anni, dopo un inseguimento in zona Corvetto, raccontano versioni inconciliabili.
Quattro consulenze — della Procura, delle difese e della famiglia — che non si parlano tra loro e che, a oggi, rendono impossibile una ricostruzione credibile di quella notte.
Secondo uno dei documenti l’impatto tra lo scooter e la gazzella dei carabinieri sia avvenuto nell’ultima curva, quando il mezzo guidato dall’amico Fares Bouzidi avrebbe perso il controllo e tagliato la strada all’auto dei militari.
Secondo la perizia della famiglia, invece, il contatto c’è stato molto prima, lungo via Ripamonti, con la pattuglia che avrebbe affiancato lo scooter nel tentativo di bloccarlo.
Anche sulla distanza di sicurezza i pareri si scontrano: il consulente della Procura, l’ingegnere Domenico Romaniello, parla di una condotta corretta da parte del carabiniere, in linea con le regole di un’operazione di pubblica sicurezza.
Ma i tecnici della difesa e della famiglia di Ramy non sono d’accordo: per loro l’auto era troppo vicina, a meno di un metro e mezzo dalla moto, una distanza che avrebbe impedito qualsiasi frenata o manovra d’emergenza.
Conclusioni così lontane da lasciare un vuoto investigativo.
È per questo che la Procura di Milano ha deciso di chiedere una nuova perizia cinematica, in incidente probatorio: un accertamento “terzo” che ripartirà da zero, per verificare punto d’impatto, angoli, traiettorie e margini di manovra di entrambi i conducenti.
Un passaggio decisivo per capire se ci siano responsabilità penali — e se il caso Ramy dovrà chiudersi con un’archiviazione o con un processo.