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20/10/2025 16:58
Osman Bylyku, condannato in primo grado a 22 anni e mezzo per l’omicidio di Anila Ruci a Scaldasole, era capace di intendere e volere al momento dei fatti. Inoltre nella casa di via Piave, dove si è consumato il delitto, non sono state trovate impronte di altre persone. Queste le motivazioni, con le quali la Corte d’Assise di Pavia ha riconosciuto colpevole di omicidio volontario il 32enne albanese, che conviveva con la Ruci, quando è stata ritrovata senza vita nell’aprile di due anni fa con diverse ferite da armi da taglio. I legali hanno intanto depositato ricorso in appello.
La Corte d’Assise aveva escluso l’aggravante della convivenza abituale tra Osman Bylyku e Anila Ruci. Questo ha permesso all’imputato di evitare l’ergastolo, come richiesto dalla Procura. Come ricostruito dalle indagini, la Ruci, un anno prima del delitto, conviveva con il padre di Bylyku. L’uomo si era poi ammalato ed era tornato in Albania. Al suo posto nella casa di via Piave era arrivato il figlio. Dalle indagini, era emerso che nell’abitazione c’era solamente il sangue di Bylyku e della Ruci. Nessun altro era entrato quindi nella loro casa, quando si è consumato l’omicidio.
La giuria popolare ha inoltre accertato un vizio parziale di mente di Bylyku, ma non tale da renderlo incapace di intendere e volere. A sollevare il dubbio erano stati i periti nominati dalla Corte, secondo cui Osman fosse affetto da idrocefalia, frutto probabilmente di una lesione organica avuta durante l’infanzia. Un lieve deficit cognitivo, dunque, tale per cui, secondo la difesa, qualora Bylyku avesse commesso un reato, potrebbe averlo fatto d’impulso. Di diverso avviso i giudici che hanno riconosciuto le attenuanti generiche e ridotto la pena prevista per l’imputato. La data dell’appello resta ancora da fissare.