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15/12/2025 16:11
Paolo Silva è il figlio di una vittima della strage di piazza Fontana. Parla agli studenti con calma e le sue parole pesano perché il suo racconto guarda avanti. Dice che oggi il dialogo più importante è con i giovani, con chi spesso conosce poco o nulla di quella storia. E non per colpa loro. La conoscenza, spiega, passa anche dagli insegnanti, da quella cultura che nessuno può portarti via.

Ai ragazzi Silva chiede qualcosa di più: una ribellione pacifica. Non voltarsi dall’altra parte, non allontanarsi dalla politica per disgusto, perché così – dice – si finisce per fare il gioco di chi ha già deciso. Partecipare, invece, è un atto di responsabilità.

E poi c’è il nodo irrisolto della memoria. Un Paese che non ha ancora fatto i conti con il proprio passato, che confonde le parole e sfuma le responsabilità. Perché su quelle stragi non ci sono ambiguità: a Milano, a Brescia, a Bologna, si parla di fascismo. Chiamare le cose con il loro nome è il primo passo per non dimenticare.