Storia

Negli anni 1492/94 operarono a Vigevano Donato Bramante e Leonardo da Vinci. Al primo vengono attribuiti la "Loggia delle Dame", la "Falconiera" e la Torre, mentre Leonardo lasciò molti appunti che fanno riferimento a Vigevano ed alla Sforzesca. Nel 1500 il Moro, sconfitto e catturato dai francesi a Novara, venne imprigionato in Francia dove finirì i suoi giorni nel 1508.Con la sua scomparsa Vigevano vide chiudersi il periodo aureo del rinnovamento urbanistico. Il successivo dominio francese segnò l'infeudazione di Vigevano al Maresciallo di Francia Gian Giacomo Trivulzio che impiantò nel borgo una arazzeria resa celebre della sua produzione (vedi gli Arazzi dei Mesi nel Castello Sforzesco di Milano). Seguirono nuove occupazioni straniere, guerre, pestilenze e difficoltà economiche. Salito sul trono di Milano Francesco II Sforza, figlio del Moro e nativo di Vigevano, il 16 marzo del 1530, su sua sollecitazione, il Papa Clemente VII firmò a Bologna la bolla di erezione di Vigevano al rango di città e sede di Diocesi. Nel 1532, venne istituito il "Contado Vigevanasco". Ma il rifiorire della vita commerciale ed artistica della neonata città fu drasticamente interrotto il 1 settembre 1535 dalla prematura morte di Francesco II. Caduta sotto il dominio spagnolo dell'Imperatore Carlo V la città venne colpita da una serie gravissima di calamità: una terribile carestia nel 1628/29, una spaventosa epidemia di peste nel 1630 e due disastrosi assedi alla Rocca Nuova posti negli anni 1645/46, dapprima dai francesi e poi dagli spagnoli, che resero l'abitato "simile ad un triste deserto". Chiusa la pesante parentesi spagnola all'inizio del XVIII secolo, le condizioni economiche di Vigevano migliorarono in modo sensibile, e nel 1750 la città contava 144 laboratori per la lavorazione della seta con 1600 addetti. Il 29 agosto 1789 la città venne riconosciuta dallo Stato Sardo capoluogo della "Provincia Vigevanasca" soppressa nel 1818, durante la "restaurazione" seguita alla parentesi napoleonica. Il 10 agosto 1848 nel Palazzo Vescovile venne sottoscritto da re Carlo Alberto l'Armistizio Salasco che concluse la prima fase della Prima Guerra per l'Indipendenza ed il 21 marzo del 1849, alla ripresa delle ostilità, la Sforzesca fu teatro della battaglia vinta dai soldati Piemontesi contro gli Austriaci. Il 24 agosto 1854 ci fu l'apertura della ferrovia Vigevano-Mortara (derivazione della Genova-Alessandria-Novara) che venne prolungata a Milano nel gennaio del 1870 in occasione dell'apertura del ponte in muratura sul Ticino. Sul piano produttivo Vigevano ha sempre dimostrato una vocazione manifatturiera, iniziata con i panni di lana nei secoli XIV e XV e proseguita con la seta nel XVIII. Dopo una fugace presenza di fabbriche di cappelli avutasi a partire dal 1820, la città ha visto sorgere nel 1866 il primo calzaturificio italiano (Luigi Bocca) che nel volgere di un quarantennio (1907) era stato imitato da 36 nuovi opifici che davano lavoro a quasi 10 mila operai (1470 dipendenti e 8000 a domicilio). Il calzaturificio Smart dei fratelli Rossanigo conquistava alla città un nuovo primato italiano nel 1929 con la fabbricazione di scarpe con fondo in gomma. Al dilagare del'industria calzaturiera (nel 1937 si contavano 873 aziende con 13.000 dipendenti) si era aggiunta sul finire del 1800 una consistente industria tessile (seta e cotone) che in diversi grossi opifici ha dato lavoro a migliaia di operai per oltre un sessantennio.Scoppiata la Seconda Guerra Mondiale, Vigevano conobbe i drammi dell'occupazione militare nazista (dal settembre 1943) costata la vita a decine di patrioti. Altre vittime si ebbero per le continue incursioni aeree. L'ultimo cinquantennio ha visto il "boom" e la "decadenza" del calzaturificio che, dalle 900 aziende con quasi 20 mila addetti del 1965, ha visto drasticamente ridursi a partire dal 1970 il numero delle aziende e dei dipendenti. La crisi nel settore scarparo è stata in parte compensata dallo sviluppo dell'industria metalmeccanica che nella produzione di macchine per calzature è riuscita a conquistare il primato mondiale della produzione. Ciononostante, il calo complessivo di addetti nei settori produttivi ha avuto negative ripercussioni sul numero degli abitanti, che sono scesi dai 69 mila del 1970 ai 60 mila del 1995.


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