Storia
La città di Vigevano sorge a trentacinque chilometri da Milano e da Pavia, sul confine nord-orientale della Lomellina, in un'area agricola che fa parte del Parco Regionale Lombardo della Valle del Ticino. Pur essendo una località antichissima le sue origini sono confuse. Il primo documento che menziona il borgo vigevanese nella forma longobarda di "VICOGEBOIN" è del 963. Sorto in posizione strategica sopra un promontorio della costa del Ticino, "Vicogeboin" accolse le popolazioni dei villaggi vicini (Viginti Columnae, Sirpi, Grecona, Preducla) che nel X secolo furono cancellati dal territorio dalle scorrerie barbariche. Con i comuni riebbero grande importanza il possesso dei territori agricoli e delle vie di comunicazione. Vigevano, collocata in posizione ottimale su un guado del fiume Ticino, diventò oggetto delle mire espansionistiche di Milano e di Pavia e per oltre 150 anni fu costretta a subire guerre, assedi e distruzioni. Con l'avvento delle Signorie, nel sec. XIV, il borgo migliorò le sue condizioni, soprattutto per gli importanti mutamenti urbanistici introdotti dai Visconti che culminarono nella costruzione dei "terraggi", della "rocca" e nel potenziamento del castello. Durante il governo di Luchino Visconti venne costruita la possente "Strada Coperta" (1347) che collegava il Castello alla Rocca scavalcando le case del borgo. Morto Filippo Maria Visconti nel 1447 Milano proclamò l'Aurea Repubblica Ambrosiana presieduta da Pier Candido Decembrio, personaggio di origine vigevanese. Contro la nuova repubblica insorse Francesco Sforza, comandante dell'esercito visconteo, che accampando ragioni dinastiche (aveva sposato Bianca Maria, figlia dell'ultimo duca) tentò con ogni mezzo di impossessarsi del potere. Nell'aprile del 1449 Vigevano si ribellò al presidio sforzesco, si proclamò libero comune e si alleò a Milano, ma non bastò l'impegno di tutto il popolo guidato dall'eroina Camilla Rodolfi per resistere all'assedio delle truppe sforzesche condotte dal Colleoni: il 6 giugno il borgo dovette inchinarsi a Francesco Sforza che conquistò Milano nel febbraio dell'anno successivo e si fece proclamare nuovo duca. Forse in virtù dell'eroismo dimostrato dai Vigevanesi durante l'assedio, Francesco Sforza fu benevolo con loro e li favorì, concedendo al borgo vantaggiose norme commerciali. Scelse inoltre il castello di Vigevano come luogo preferito dalla Corte per i soggiorni estivi e per la caccia. Alla sua morte (1470) gli successe Galeazzo Maria, figlio iniquo e violento, che a Vigevano è ricordato per gli allevamenti dei cani da caccia e per la costruzione di alcune scuderie nel Castello. Trucidato nel dicembre del 1476 nella Chiesa di Santo Stefano in Milano gli succedette il figlio Gian Galeazzo Maria, di soli 7 anni, tutelato della madre Bona di Savoia. Nel turbolento momento del trapasso dei poteri fece la sua ricomparsa alla corte milanese Ludovico Maria detto il Moro, fratello del duca assassinato, rientrato da un forzato esilio in Toscana. Il Moro riuscì a farsi nominare Luogotenente Generale del ducato e, usurpando il potere ai tutori del giovane duca, si impadronì di fatto del potere. Nel 1486 avviò la bonifica del territorio vigevanese con la costruzione della fattoria modello "Sforzesca", così chiamata in suo onore, e con l'edificazione di altre cascine (Pegorara, Camina). Furono inoltre ampliati e prolungati canali e rogge (Naviglio Sforzesco, Roggia Mora) con grande beneficio dell'agricoltura. Successivamente il Moro dedicò le sue cure al borgo: nel 1490 con la costruzione di nuove scuderie e nel 1492 con l'inizio di nuovi edifici nel Castello (Torre, Loggia delle Dame e Falconiera). Contemporaneamente venivano avviati i lavori per l'apertura della nuova Piazza Maggiore (ora Ducale), che venne terminata nel 1494 in concomitanza con la nomina del Moro a Duca. La nomina è stata illegittimamente ottenuta dopo la morte del giovane nipote Gian Galeazzo, deceduto nel Castello di Pavia in circostanze sospette.
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