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Concertodautunno
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Stagione
2001/2002
FESTIVAL GUIDO CANTELLI
a cura dellAssociazione
"Amici della Musica V. Cocito" di Novara
inizio concerti: ore 21.15
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TEATRO DI PROSA
a cura del Teatro Stabile di
Torino
Spettacoli in abbonamento
Turno A: ore 21.00
Turno B: ore 21.00
Turno C: ore 16.00 |
LE DONNE DEL TEATRO
a cura del Teatro Stabile di
Torino
Spettacoli in abbonamento
inizio: ore 21.00
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LA QUADRATURA DEL CIRCO
a cura del Teatro Stabile di
Torino
Spettacoli in abbonamento
inizio: ore 21.00 |
DANZA OPERETTA MUSICAL
a cura dellAssociazione
Culturale "Arteatro" di Novara
Spettacoli in abbonamento
Turno A: ore 21.00
Turno B: ore 16.00 |
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Giovedì 15 novembre 2001
ORCHESTRA FILARMONICA DI MAGDEBURGO
direttore: Reinhard Seehafer
violoncellista: Emil Klein
musiche di M. Reger, P.I. Tschaikowsky e J. Brahms |
Sabato 17 novembre 2001 - Turno A
Domenica 18 novembre 2001- Turno B
CARMEN
musiche di George Bizet e Marco Schiavoni
coreografie di Luigi Martelletta
con Raffaele Paganini e Angela Kouznetzova
Balletto di Roma
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Venerdì 23 novembre 2001 Turno A
Sabato 24 novembre 2001 Turno B
Domenica 25 novembre 2001 Turno C
DO YOU LIKE LAS VEGAS?
di Frank D. Gilroy - versione italiana e
adattamento teatrale di Nino Marino
con Johnny Dorelli
regia di Patrick Rossi Gastaldi
Plexus T.
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Martedì 27 novembre 2001
LA PICCOLA SINFONICA DI MILANO
direttore: Stefano Michelangelo Lucarelli
solisti: Silvio Moscatelli, Willi Burger
musiche di F. Schubert, G. Jacob, W.A. Mozart e B. Bartók |
P.I.Tchaikowsky Meditazione per vl e archi
G.Jacob "Suite in five pieces" per armonica cromatica ed archi
(Caprice - Cradle song - Country dance - Threnody - Russian dance)
BIS
A:Piazzolla Oblivion (Armonica)
W.A.Mozart Serenato notturna per archi e timpani in re magg. KV239
(Marcia - Menuetto - Rondeau)
B.BArtok Danze popolari rumene per archi
Composto nel giugno del 1816, il Rondo in La Maggiore per violino e archi si
colloca fra quelle opere strumentali schubertiane di luminosa, fluida
semplicità, animate da una vena amabile e piacevolmente colloquiale - tutta
viennese -sensibilmente vicina al gusto raffinato e colto proprio della
cerchia di amici che, in quel periodo, andava formandosi attorno al giovane
compositore. Il 1816 è un anno di transizione, cruciale per Schubert sia
nelle vicende personali, sia sul fronte creativo; l'intensa attività
compositiva si indirizza a generi differenti -musica sacra, corale,
strumentale - e conduce ad esiti di fondamentale importanza, particolarmente
significativi in ambito liederistico - con gli straordinari Goethe - Lieder
e sinfonico - Quarta e Quinta sinfonia.
Opera di singolare nitore formale, il Rondò in La Maggiore guarda volentieri
alla brillante scrittura del pezzo d'occasione, ma ne evita le sbavature di
gusto, le scelte scontate o puramente esteriori. Se il modello stilistico
risulta ancora vincolato all'esempio di Haydn e Mozart, la cifra stilistica
schubertiana si mostra nella spontaneità delle linee musicali,
nell'inconfondibile permanere di una vocazione cameristica che, nel gioco
strumentale, individua gesti sonori efficaci, puntuali, emotivamente
significativi: anche in questa pagina si nasconde un piccolo capolavoro
schubertìano di grazia e misura, teneramente ispirato.
Compositore, didatta, divulgatore ed autore di importanti resti teorici,
Gordon Jacob (1895 - 1984) ha lasciato una cospicua produzione musicale, in
cui spiccano lavori orchestrali e cameristici, con particolare riguardo
all'utilizzo di strumenti a fiato. Le sue opere sì caratterizzano per un
abile artigiana lo compositivo, tipicamente britannico, ispirato a ideali di
chiarezza, sintesi e immediatezza del discorso musicale. I suoi interessi
sono rivolti essenzialmente al materiale musicale ed al suo utilizzo in
relazione ai mezzi prescelti, lasciando un ruolo secondario
all'individuazione di caratteri espressivi o suggestioni extra musicali.
La Serenata in Re Maggiore K 239, fu scritta a Salisburgo nel gennaio del
1776, probabilmente per circostanze d'occasione; Mozart ricopriva allora il
ruolo di Konzertmeister presso la corte arcivescovile, ed è probabile che
abbia dedicato l'opera, destinata alle celebrazioni per il nuovo anno, alla
contessa Antonia Lodron, sorella dell'arcivescovo Colloredo. Incantevole
omaggio allo stile galante, questa Serenata è opera piacevolmente orientata
a scelte convenzionali, puntualmente reinventate da Mozart con spirito,
arguzia ed estrosità nell'ambito di un'assoluta perfezione formale. La
scoperta del canto popolare ebbe un foltissimo impatto sull'arte di Bela
Bartók determinandone le fondamentali linee di sviluppo; lo studio e
l'adozione dell'antica, arcaica modalità racchiusa nella tradizione nei
canti dei contadini dell'Europa centro-orientale costituì, infatti, per il
compositore ungherese uno straordinario mezzo di ricerca e speri menta/ione
che avvicinò la propria esperienza alle tendenze più progressive della
cultura musicale del tempo, orientata all'individuazione di nuovi linguaggi
capaci di superare l'ormai angusto spazio armonico del sistema tonale, verso
l'utilizzo libero e indipendente di tutti i dodici suoni della scala
cromatica. Le celebri Danze popolari rumene - composte originariamente per
pianoforte (1915) e rielaborate successivamente per orchestra - sono
espressione della lucida, precisa scelta compositiva bartokiana sobria ed
essenziale, finalizzata all'esaltazione della melodia originaria, quasi a
coglierne la natura più profonda, la sconvolgente forza emotiva,
l'eccezionale impulso ritmico.
[ di STEFANIA AMISANO dalle note di sala]
LA PICCOLA SINFONICA DI MILANO ha presentato un
programma lievemente modificato, in quanto il violinista Silvio Moscatelli era indisposto e
ciò ha fatto saltare il primo pezzo in programma, per cui hanno iniziato con la
"Serenata notturna KV 239 per archi e timpani" di W.A. Mozart, non per niente si
citano i timpani nel titolo infatti hanno un ruolo importante in questo lavoro
sottolineando alcuni passaggi con gli archi pizzicati. Sembra quasi una piccola sinfonia
in tre tempi, a mio parere molto più gradevole della più celebre serenata notturna. Mi
è sembrato di cogliere subito un modo di suonare insieme più preciso della Sinfonica di
Magdeburgo, o come avevano allora suonato nel secondo brano del concerto inaugurale. Forse
la formazione più ridotta o il fatto di essere soli archi e probabilmente di suonare
insieme in questo organico li faceva essere più uniti nella esecuzione. Dopo Mozart è
stata la volta di Gordon Jacob e di Willi Burger, un simpatico signore di buona età, che
ha subito dato fiato alla sua armonica cromatica (una armonica a bocca con un piccola
aggiunta di un tasto per il controllo del suono) lanciandosi nella "Suite of five
pieces" dove si alternano momenti languidi e nostalgici a passaggi ritmici. La sua
esecuzione ha strappato molti applausi al pubbblico in sala e lo ha convinto ad offrire
come bis una pirotecnica esecuzione del "Volo del calabrone" di Korsakoff. Nella
seconda parte il primo violino Gigino Maestri ha eseguito molto bene un brano quasi
sconosciuto di P.J.Tchaikowskj quella "Meditazione" per violino che
originariamente doveva essere il secondo movimento del famoso concerto op.35. In chiusura,
con il maestro Stefano Michelangelo Lucarelli, segnato dalla foga nella direzione, è
stata esguita la raccolta di "Danze popolari rumene per archi" che Bela Bartok
ha immortalato trascrivendole in questa versione dopo averle raccolte "sul campo"
con i primi registratori a filo, dalle voci dei contadini. Insomma un programma ed una
esecuzione veramente accattivante, tanto che ha dovuto concedere ancora altri due bis, con
la ripetizione di una danza rumena prima e con "Oblivion" di Astor Piazzolla,
richiamando Willi Burger con la sua armonica per il commiato con il pubblico novarese
entusiasta.
Valeva la pena di registrarlo se avessi avuto un apparecchio decente. Mario
Mainino |
Venerdì 30 novembre 2001
CLEOPATRA
da Antonio e Cleopatra di William
Shakespeare
con Anna Bonaiuto
regia di Gianfranco Fiore
Teatro Stabile di Firenze |
Lunedì 3 dicembre 2001 ore
21.00
IxBE
regia e coreografia di Jérôme Thomas
con Simone Anxolabéhère
Production Larc/Scene National du Creusot/Armo
Compagnie Jérôme Thomas
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Presenza tra le più significative e versatili della nuova concezione delle arti
circensi, Jérôme Thomas giocoliere, regista, coreografo, ma soprattutto, come
egli stesso si definisce, "manipolatore di oggetti sullonda di ciò che sono
stati Chaplin, Buster Keaton, W. C. Fields e i Fratelli Marx, che creavano le loro gags
grazie al dono che possedevano di sviare gli oggetti dalla loro funzione primaria"
debutta con il circo e il cabaret, per poi orientarsi, grazie allincontro con
la musica e con il jazz in particolare, verso la pratica dellimprovvisazione.
Nascono così i suoi primi spettacoli, e tra questi, nel 1990, Extraballe, dal
quale oggi discende, non riproposto ma reinventato, IxBE: un piccolo marinaio che
fa volare le sue sfere e danza con la luce, un cielo blu, la magia del teatro, la poesia
della musica. A interpretare questa aerea e suggestiva performance non sarà più, però,
lo stesso Thomas, ma un suo giovane allievo, Simon Anxolabéhère, che sin dalletà
di sette anni ha iniziato ad apprendere larte del giocoliere presso la scuola
circense di Annie Fratellini, per poi formarsi come attore al Conservatoire del Théâtre
de Châtillon e accostarsi al mimo, alla danza, allacrobazia, frequentando tra
laltro i corsi di Jacques Lecoq. A lui il compito, dice Thomas, "di svelare
come unopera possa rivivere, essere reinventata, reinterpretata; di far esistere,
per larte dei giocolieri, il concetto di "autore", al pari di quanto
avviene in teatro per un testo che si nutre di ogni nuova intepretazione, che da ciascun
allestimento trae nuova luce". |
Mercoledì 5 dicembre 2001
ORCHESTRA GUIDO CANTELLI
direttore: Alberto Veronesi
oboe: Francesco Quaranta
musiche di W.A. Mozart e L. van Beethoven |
Venerdì 7 dicembre 2001 FUORI
ABBONAMENTO ore 21.00
Sabato 8 dicembre 2001 - Turno A
Domenica 9 dicembre 2001 - Turno B
VIVA LITALIA!
testi di Alvaro Testa - coreografie di Luigi
Sironi - scene e costumi di Angelo Poli
musiche originali di Capitale Paky
con I Legnanesi
I Legnanesi |
Mercoledì 12 dicembre 2001 ore
21.00
LE GRAIN
con Philippe Ménard (giocoliere)
e Guillame Hazebrouck (musicista)
regia di Vincent Lorimy
Compagnie Non Nova/Armo
Compagnie Jérôme Thomas
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Philippe Ménard, giocoliere impareggiabile, già membro della troupe di Jérôme
Thomas cui deve in gran parte la propria formazione, crea nel 1996, insieme al musicista
Guillaume Hazebrouck, la Compagnia Non Nova ("niente di nuovo sotto il sole:
giocolieri, clown, un po di jazz, qualche vecchia luna ma è solo
invecchiando che larte ringiovanisce"), che debutta nel 1997 con uno spettacolo
dal titolo Non nova, Sed nove ("non inventiamo niente solo, vediamo le
cose in modo diverso"), incentrato sulla contiguità profonda tra larte del
giocoliere e quella del musicista. Nel 1998 nasce Le grain, primo capitolo di una
trilogia dedicata alla figura dellaugusto, che si ispira al cinema muto (Charlie
Chaplin, Buster Keaton
) e racconta le disavventure di due artisti di cabaret: ecco
dunque Ménard nei panni di Popox, laugusto, zimbello attonito e inconsapevole delle
angherie cui è sottoposto, e Hazebrouck come clown bianco, pianista e suonatore di
trombone, che gli fa da contraltare, corpulento quanto laltro è gracile, terreno
quanto laltro è lunare. Ma perché Le grain? Scrive Ménard: "Il
numero. Allinizio tutto va bene: un giocoliere fa il suo esercizio: perfetto! Fin
qui tutto normale. Un musicista lo accompagna. Benissimo, la storia è ancora semplice,
bella e fluida. Si dipana armoniosa finché non sopravviene il granello di sabbia che si
insinua in questo meccanismo ben oliato, e allora ecco che ledificio rischia di
andare in pezzi, di crollare. Potrebbe essere linizio di una storia
infernale
". |
Sabato 15 dicembre 2001 - Turno A
Domenica 16 dicembre 2001 - Turno B
LO SCHIACCIANOCI
musiche di P.I. Tschaikowsky coreografia
di Fredy Franzutti
Balletto del Sud
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Uno spettacolo classico per il periodo
prenatalizio al quale andare insieme ai propri figli era il famoso balletto di
P.I.Cajkovsky "Lo schiaccianoci". La coreografia è di Fredy Franzutti
giudicato dalla critica "astro nascente tra i giovani coreografi italiani", con
il Balletto del Sud da lui fondato ne ha direzionato l'interpretazione verso un pubblico
più adulto. Con la sua compagine ha ottenuto larghi consensi ed è attualmente
considerata una prestigiosa realtà della danza nel meridione. Il balletto è uno dei
capolavori di Cajkovskij, sarebbe la storia di un bimba che sogna avventure fantastiche
con il suo principe schiaccianoci nella notte di Natale. Il lavoro è pervaso da melodie
una più bella dell'altra con colorite danze caratteristiche, pezzi di insieme e passi a
due. La coreografia di Fredy Franzutti fa leva sulla atleticità dei danzatori e sulla
tecnica ferratissima del gruppo di ottimi danzatori che compongono la giovane compagnia.
Lo spettacolo molto essenziale, perde il fascino della fiaba, per penetrare sul piano
psicologico i turbamenti di una adolescente che si appresta a divenire donna. Il mago
Drossmaier la lascia in preda ai suoi incubi più che distoglierla o soccorrerla, e le
affianca un principe schiaccianoci che non la difende per nulla.
I sorci, quasi romani prestanti gladiatori, la insidiano come in un coinvolgimento
sessuale, comportamento non estraeo allo stesso Drossmaier. Le danze caratteristiche sono
eseguite per il pubblico in sala senza la protagonista come spettattrice. La danza dei
fiocchi di neve sembra tratta da Apollon musagete piuttosto che da Schiaccianoci.
Le ridotte dimensioni della compagnia, senza assolutamente comparse, fa si che ogni
elemento abbia uno spazio per mettere in luce le proprie qualità. Protagonista la
danzatrice Ludovica Ferrigni accanto a Sergei Savoschenko, molto classico, ma anche poco
vitale rispetto al Drossmaier di Arturo Morelli, quasi onnipresente, c'è anche nella
danza araba. Una lettura particolare ma viva, moderna e tecnicamente ineccepibile anche se
per "i grandi". Mario Mainino |
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il Sogno di Clara, la
battaglia dei topi, il viaggio fantastico, vengono narrate nella favola natalizia di
Cajkovskij ideata sul racconto di Hoffman. Lo spettacolo di Franzutti coniuga le
testimonianze sopravvissute della messa in scena originaria di Petipa - Ivanov (primi
coreografi de Lo Schiaccianoci) ad un impianto drammaturgico nuovo.I bellissimi temi
musicali, che si animano con le scene di festa sotto l'albero di Natale, fanno del
balletto un titolo particolarmente amato dal pubblico, anche da quello molto giovane, per
il suo richiamo alle calde atmosfere familiari natalizie. Il walzer dei fiocchi di neve,
il divertissement finale con le danze dei diversi paesi del mondo, con i loro
coloratissimi costumi affascinano la platea più vasta. Rimane originale il gran pas de
deux del secondo atto, quando Clara danza col suo principe Schiaccianoci, momento di
interpretazione e virtuosismo classico.
Il Balletto del Sud,
compagnia di balletto fondata dal coreografo Fredy Franzutti, "astro nascente tra i
giovani coreografi italiani" (Michele Nocera, Tuttodanza Autunno 1999), ha
ottenuto così larghi consensi da essere attualmente considerata: "una delle più
prestigiose realtà della danza nel meridione" ( Tuttodanza estate 98)
e "compagnia grintosa e decisamente superiore alla media delle altre compagnie
giovani del nostro paese" (Vittoria Ottolenghi, Balletto Oggi n. 119).
Riconosciuta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, presenta un organico composto da
14 -18 danzatori di elevato livello professionale.
Tra le produzioni
ricordiamo "Lo Schiaccianoci", "Romeo- e Giultetta", "II Lago dei
Cigni" realizzate in collaborazione con l'Amministrazione Provinciale di Lecce ed
eseguite dall'Orchestra Sinfonica della Provincia; il "Martirio di San
Sebastiano" con l'attore Giorgio Albertazzi, il Galà "Miti in Scena!!" con
la regia di Pierluigi Pizzi; creato- per l'inaugurazione del Teatro Romano di Lecce
restaurato dalla Fondazione Memmo, spettacolo definito dalla stampa regionale
"l'evento più importante del 1999". Nelle stagioni '99 e 2000, la compagnia
interpreta le danze di numerose opere - su invito -della direttrice artistica Katia
Ricciarelli (Adriana Lecouvreur, La Traviata, I due Foscari, L'Elisir d'Amore)
collaborando con Flavio Trevisan, Richard Bonynge e Renato Bruson.
Il Balletto del Sud
è stato ospite, tra l'altro, della rassegna "Balletto 2000" della fondazione
"Umbria Spettacolo", del festival dei "Laghi di Omega", dei programmi
del Teatro dei Rinnovati di Siena e degli "Amici della Musica" di Taranto, e
sarà nel programma del Teatro Ponchielli (Cremona), del teatro La Gran Guardia di
Livorno, del Festival "Sacrali danza" nel Ticino, del festival di danza di
Riccione e del Festival dopera di Bellinzona (Svizzera).
Le rappresentazioni sono spesso
impreziosite dalla partecipazione di artisti ospiti come gli attori Ugo Pagliai, Paola
Pitagora e Cosimo Cinieri, il pianista Francesco Libetta e i danzatori Diliana Nikiforova,
Sibell Surel, Natasha Offman, Xiomara Reyes, Sophie Sarrote, Carlotta Zamparo, Sabrina
Brazzo, Grazia Galante, Alessandro Molin, Marco Pierin. |
Martedì 18 dicembre
2001
STUTTGARTER
PHILHARMONIKER
direttore: Jörg-Peter Weigle
pianista: Paolo Restani
Anton Dvorak Sinfonia n° 8 in mi min.
A dagio, allegro molto - Largo - Scherzo - Molto vivace
Peter Ilic Tschaikowsky Concerto n.1 per pianoforte ed
orchestra - op.23 in si bem. Magg
Allegro con spirito - Andantino semplice - Allegro con fuoco |
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Stuttgarter
Philharmoniker Lensemble fu costituito nel settembre del 1924. La rapida
ascesa artistica consentì ben presto l'ingaggio di grandi direttori e solisti, quali Leo
Blech, Flesch, Knappertsbusch, Abendroth, Kreisler, Schuricht o Weingartner, prima della
scissione dell'orchestra nel 1933. Nel dopoguerra, i membri dell'ex orchestra regionale si
riunirono nuovamente mantenendo il nome di Stuttgarter Philharmoniker. Willem van
Hoogstraten, Hans Hörner, Antonio de Almeida e Alexander Paulmüller ne furono dirigenti
stabili dal 1949 al 1972. Con Hans Zanotelli, direttore artistico dal 1972 al 1985, i
Philharmoniker acquisirono notorietà, evidenziando grandi capacità. Fu così che nel
1976 Stoccarda, la città capoluogo del Baden - Württemberg, ne fece la sua orchestra.
Con Wolf-Dieter Hauschild, direttore stabile dal 1985 al 1991, i Philharmoniker hanno
incontrato grande riscontro sia sul territorio nazionale, sia all' estero. Dal 1991 al
1995 Carlos Kalmar ha proseguito la tradizione avviata dai suoi predecessori. Dal
settembre del 1995 presiede l' orchestra in qualità di direttore stabile Jörg-Peter
Weigle, mentre le attività di management e amministrazione sono affidate alla
responsabilità di Hannes Schmidt, dal settembre del 1992. Oltre a molteplici impegni in
numerosi circoli concertistici nella città natale, l'orchestra si esibisce regolarmente
in molte città della Germania sudoccidentale ed effettua ogni anno tournées in Germania
e all'estero: nel 1987 e nel 1997 ha tenuto una serie di concerti negli Stati Uniti, nel
1988 e 1992 è stata la volta del Giappone, nel 1998 i Philharmoniker hanno visitato le
grandi città dell' Argentina, del Brasile e dell'Uruguay, mentre i paesi europei sono
regolare meta dei loro concerti. L'attività artistica dellorchestra è ampiamente
documentata da dischi, CD e registrazioni radiofoniche. Sotto la direzione di Jörg-Peter
Weigle è stata inoltre curata la registrazione del Requiem di
Mozart unitamente a canti sacri dei monaci tibetani. Al momento
sono disponibili sul mercato numerosi CD della prima registrazione dell'opera sinfonica
del compositore svizzero tardo-romantico Hans Huber (1852- 1921).
Jörg-Peter Weigle Nato a Greifswald nel 1953, Jorg-Peter Weigle ha effettuato i suoi primi studi
musicali alI' età di sette anni. Dal 1963 al 1971 è stato membro del coro della chiesa
di San Tommaso di Lipsia, e negli ultimi due anni con funzioni anche di vice-direttore.
Dal 1973 al 1978 ha studiato alI' Accademia Musicale "Hanns Eisler" di Berlino
con il Prof. Horst Förster (direzione), Dietrich Knothe (direzione di coro) e la Prof.
Ruth Zechlin (contrappunto). Jörg-Peter Weigle ha quindi completato la sua formazione
mediante la partecipazione al Seminario Musicale di Weimar nel 1976 con Kurt Masur, e al
Corso Internazionale per Maestri a Vienna nel 1978. Dal 1977 al 1980 ha svolto le funzioni
di direttore dell'Orchestra Sinfonica Statale di Neubrandenburg; dal 1980 al 1988 ha
diretto il Coro Radiofonico di Lipsia (dal 1985 in veste di direttore stabile). Nella
stagione 1986/87 Jörg-Peter Weigle è stato nominato direttore stabile della Dresdner
Philharmonie. Le tournées di concerti lo hanno visto esibirsi, tra l'altro, in Spagna,
Bulgaria, Jugoslavia, Sudamerica, Austria, Francia, Italia e Giappone. Ha inoltre diretto
orchestre sul territorio nazionale e all'estero, tra cui ricordiamo, solo per citarne
alcune, le Orchestre Sinfoniche della Radio Bavarese, della Germania Centrale e
Settentrionale, la Sachsische Staatskapelle di Dresda, i Bamberger Symphoniker, la
Staatskapelle di Berlino e la Swedish Radio Symphony Orchestra di Stoccolma. Nel settembre
del 1991 Jörg-Peter Weigle si è occupato del nuovo allestimento di "Antigone"
di Georg Katzer, per la regia di Harry Kupfer, all'Opera Comica di Berlino. Nelle stagioni
seguenti ha quindi diretto le riedizioni de "I raccondi di Hoffmann" e
"Carmen". Nel 1993 è stata affidata alla direzione di Jörg-Peter Weigle la
rielaborazione musicale dell' Oratorio "Belsazar" di Georg Friedrich Handel per
l' allestimento di Harry Kupfer alla Semperoper di Dresda. Con l'avvio della stagione
95/96 Jörg-Peter Weigle si è insediato in qualità di direttore stabile e direttore
artistico dell' orchestra "Stuttgarter Philharmoniker". Il contratto è stato
rinnovato per altri cinque anni fino al 2005. Il suo impegno fecondo e ispirante e il
successo ottenuto è comprovato da anni di critiche entusiasmanti. Finora l' orchestra ha
tenuto tournées, tra le altre, nel Nord d' America nel 1997 e in Sudamerica nel maggio
del 1998, nonchè in Francia nel dicembre del 1998. Assieme alla Stuttgarter
Philharmoniker, Jörg-Peter Weigle sta curando la produzione dell ' opera sinfonica omnia
di Hans Huber, che si concluderà con la pubblicazione di tutte le otto sinfonie in
occasione del 150° anniversario della nascita del compositore. Un altro progetto di cui
Weigle si sta occupando con la Radio-Philharmonie di Hannover di NDR è l'incisione delle
sinfonie di Felix Draeseke. Al suo attivo si annoverano, tra le altre, ulteriori
registrazioni per le etichette Philips (Arie e Ensemble tratte dalle opere di Mozart),
Berlin Classics e Capriccio (Variazioni di Mozart e "Böcklin Suite" di Max
Reger).
Paolo Restani Ha studiato pianoforte con Vincenzo Vitale, Gerhard
Oppitz e Peter Lang. È stato allievo per la composizione di Bruno Bettinelli.
Costantemente ospite delle maggiori istituzioni concertistiche internazionali, è anche
presente nei principali festivals europei. Tra i concerti (recital con orchestra)
delle più recenti stagioni sono da segnalare: Vienna (Grosse Musikverein Saal), Monaco (
(Prinzregenten Theater), Teatro alla Scala di Milano, Accademia Nazionale di Santa Cecilia
di Roma (dove, fra l'altro, ha debuttato sedicenne nel 1984), Londra, Bruxelles,
Francoforte, Mainz (Rheingoldhalle per il ciclo MeisterKonzerte), Innsbruck, Santiago del
Cile, La Fenice di Venezia, San Carlo di Napoli, Regio di Torino, Comunale di Bologna,
Carlo Felice di Genova, Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, Serate Musicali e
Società dei Concerti di Milano, Unione Musicale di Torino, Amici della Musica di Firenze,
Perugia e Palermo, Festival di Asturias, Festival Pianistico di Oviedo, Festival di
Ljubljana, Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo (1997 e 1998 per la
commemorazione del terzo anniversario della scomparsa di Arturo Benedetti Michelangeli),
Rossini Opera Festival di Pesaro, Settembre Musica di Torino, Ravenna Festival (su invito
di Riccardo Muti), Panatee Pompeiane, Festival Romaeuropa. Solista con orchestre quali
Australian Chamber Orchestra, New Austrian Philharmonic, Sinfonica Nacional de Chile,
Accademia di Santa Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, è stato diretto, tra
gli altri, da Gerd Albrecht, Gustav Khun, Yoel Levi, John Nelson, Gunter Neuhold, Roberto
Abbado, Piero Bellugi, Donato Renzetti. Il suo repertorio, vastissimo, spazia da Bach a
Messiaen prediligendo le grandi opere del Romanticismo: esegue l' integrale degli Studi
Trascendentali di Liszt, degli Studi di Chopin, dei Preludi di Rachmaninov, l'opera omnia
pianistica di Brahms (in quattro recital), l'opera completa per pianoforte e orchestra di
Beethoven e Liszt. Musicista eclettico e versatile, attratto dalle varie forme di
espressione artistica, Paolo Restani è anche protagonista di rilevanti produzioni
teatrali (prosa, lirica, danza). È stato invitato da artisti del calibro di Sylvie
Guillelme, Laurent Hilaire, Carla Fracci, Enrico Maria Salerno, Monica Bacelli e Michael
Nyman (collaborazione, quest'ultima, che ha determinato la realizzazione - in prima
italiana - di "The Piano Concerto" per pianoforte e orchestra, tratto dalla
colonna sonora del film premio Oscar "Lezioni di Piano" di Jane Campion). Paolo
Restani svolge inoltre attività di consulenza culturale ed attività didattica, tenendo
masterclasses e corsi di perfezionamento per prestigiose istituzioni. |
Giovedì 20 dicembre 2001
BUENOS AIRES NON FINISCE
MAI
di Vito Biolchini e Elio Turno Arthemalle
tratto dal romanzo Le irregolari di Massimo Carlotto
con Ottavia Piccolo
regia di Silvano Piccardi
La Contemporanea 83
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Buenos Aires non finisce mai è un testo teatrale ispirato al
romanzo-documento Le irregolari (Buenos Aires Horror Tour) di Massimo
Carlotto, commissionato allautore da Ottavia Piccolo. Buenos Aires non
finisce mai tratta essenzialmente una storia di desaparicion, emblematica
nellimmensa tragedia che ha segnato lArgentina a partire dalla fine degli anni
70: unintera generazione 30.000 uomini donne e bambini cancellata per
volontà e per mano della giunta militare. Proporre oggi, in Italia, una riflessione e una
presa su questo "buco nero" del XX secolo è un gesto civile che riguarda da
vicino la nostra società. Il legame di patrie e lattualità giudiziaria non sono
gli unici impulsi da cui muove questa operazione: lintera società civile deve
essere portata a fare i conti con la propria passata disattenzione nei confronti di una
tragedia che vede in primo piano non soltanto la responsabilità diretta della giunta
militare, ma anche il silenzio consapevole della comunità internazionale, persino la più
democratica e garantista, la diretta connivenza di potentati economici, cui si aggiunsero
lincoraggiamento e "lassoluzione prenotata sul conto" di altri
rappresentanti di gerarchie della chiesa cattolica. Il tutto beffardamente coperto dal
gioioso clamore mediatico dei mondiali di calcio. A distanza di oltre ventanni dai
tragici avvenimenti, le madri e le nonne di Plaza de Mayo, nella loro pazza e pervicace
ricerca di verità e nellinstancabile tentativo di recuperare lidentità dei
neonati di allora, "rubati" dai carcerieri e carnefici dei loro genitori, si
trovano a dover dimostrare alle autorità, prima ancora che la sparizione dei congiunti,
la loro precedente esistenza in vita. |
Fuori Abbonamento
Capodanno a TeatroLunedì 31 dicembre 2001 - ore 22.30
Martedì 1° gennaio 2002 ore 17.30
CIN-CI-LÀ
di Carlo Lombardo - musica di Virgilio Ranzato
regia di Corrado Abbati
con Corrado Abbati
Compagnia di Operetta Corrado Abbati |
Venerdì 11 gennaio 2002 Turno A
Sabato 12 gennaio 2002 Turno B
Domenica 13 gennaio 2002 Turno C
ALDINO MI CALI UN FILINO?
Florilegio di novelle e
poesie di Aldo Palazzeschi
con Paolo Poli
regia di Paolo Poli
Produzioni Teatrali Paolo Poli |
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
LA TRAMA
Non c'è mai trama ben definita, nelle commedie di Paolo Poli, ma piuttosto
un collage giocoso e arguto di personaggi e di parodie. Racconta dunque
l'artista: "Il presente spettacolo raduna figure e figurine di diversi
periodi, accomunate dalla necessità con cui le guarda l'autore e dall'estro
con cui le racconta: la gigantessa, la nana, il gobbo, il ladro, la
morfinomane, le porcellone...sembrano scoperte dalla lente dell'entomologo a
far da antenati al festoso mondo felliniano. La prosa e i versi di
Palazzeschi paiono a volte parodiare il linguaggio parlato e quello delle
canzonette. Lo spettacolo in tal modo si articola sulle musiche della prima
guerra mondiale, ci trasporta tra le mollezze del lupanare borghese, ci
esalta alle impennate del varietà nazionalista, ci intenerisce sul lavoro
dei sobri operai, ci incuriosisce sui peccati d'oriente con occhi a mandorla
e rievoca infine l'epopea coloniale africana coniugante l'eroismo con
l'esotismo".
|
Sabato 19 gennaio 2002 - Turno A
Domenica 20 gennaio 2002 - Turno B
Giacomo Puccini, la vie de
BOHÈME
musica di Giacomo Puccini coreografie di
Serge Manguette
con Oriella Dorella
Balletto di Milano
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POSITIVO
Molto bravi tutti i danzatori, precisi, atletici e abbastanza coordinati.
I due protagonisti Oriella Dorella e _____ sono stati all'altezza del ruolo principale ed
anche le coreografie di Serge Manguette sono molto belle. La musica
buona colonna sonora delle arie più famose private della voci.
NEGATIVO
Alla fine dello spettacolo mi viene da chiedermi il perchè di questa
realizzazione, l'avere raccolto delle melodie bellissime, private dalle parole che non
possiamo evitare ci tornino alla mente mentre le ascoltiamo, ed averle collegate con non
si capisce bene quale pretesto rendono l'operazione abbastanza discutibile. Lo stesso
spettacolo a mio parere sarebbe stato molto più pertinente se la arie fossero comunque
state proposte con la voce originale del cantante e interpretae con movimenti di
danza senza volerle forzatamente ricollegare alla vita di Puccini o ad una ipotetica
scuola di danza, farne insomma un balletto fine a se stesso, cioè alla pura danza.
Il personaggio mimo poteva essere Puccini, ma io personalmente me lo sarei
immaginato nel suo letto di ospedale con la mente rivolta al passato e con le apparizioni
delle sue eroine oppure pacatamente seduto su di una panchina con lo sguardo perso
vero il suo lago di Masaciuccioli, l'apprizione della moglie che per "due volte"
deve essere svestita dall'abito rosso per diventare personaggio non è molto carina, le
ripetizioni non giovano. Mario Mainino
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il
Balletto di Milano prosegue con il progetto dedicato al melodramma e, dopo
Verdi, vuole rendere omaggio ad un altro grande compositore italiano:
Puccini. Nasce così La vie de Bohème, balletto con regia e coreografia di
Serge Manguette, che vuole proporre, attraverso un collage di successivi
quadri, un susseguirsi di riferimenti artistici del grande compositore. Con
Butterfly e Manon, Tosca e soprattutto Mimì, che nell’immaginario collettivo
e secondo Sanguette rappresenta l’apice dell’opera pucciniana, nel crescendo
musicale che alternerà le celebri arie, saranno rievocate le eroine del
grande Maestro, partendo proprio da Bohème. |
Mercoledì 23 gennaio 2002 ore
21.00
ASPECT OF ALICE
(NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE)
spettacolo di Petr Kratochvil e Pavel Marek
regia di Petr Kratochvil e Pavel Marek
Ta Fantastika Black Light Theatre Prague
|
La storia di Alice nel paese delle meraviglie ce
la dobbiamo scordare, il titolo non è che un pretesto, e se osserviamo lo spettacolo
senza informazioni sulle intenzioni degli allestitori, ci troviamo di fronte a un primo
tempo di sicuro effetto mentre nella seconda parte un ritmo diverso, meno invenzioni,
rallentano l'azione e il nudo "integrale" delle due protagoniste, mente il
novello "adamo" si tiene i suoi panni, sono una conclusione più che altro
esplicativa che non affascinante del passaggio della fanciulla allo stato di donna e di
madre.
Potrebbe essere la storia di una delle tante fanciulle che hanno ispirato a Lewis
Caroll la scrittura della nota fiaba, e all'inizio il giovane e bel protagonista sembra
proprio lo scrittore al suo tavolino che sogna delle sue alunne che invano rincorre e che
gli sfuggono nella fantasia e nei sogni. Iniziano a questo punto una serie di affascinanti
invenzioni visive, accompagnate da una "ambient music" molto gradevole, i
personaggi volano sostenuti da macchine nascoste, i servi di scena nell'oscurità muovono
il paesaggio che arriva volando e prende posto, le fiammelle si allontanano volando dal
proprio candeliere, due enormi pupazzi accompagnano la giovane Alice (?) ma per chi si
ricorda gli spettacoli del Teatro del Buratto questi sono un po poveri; cosi pure
l'apparizione dell'acqua sulla musica della Moldava di Smetana, che ricorda in qualche
modo i Momix, non regge il confronto. Stupendo invece l'intermezzo dei due clown che
tentanto di fare ridere Alice, con il gioco di equilibrismo sull'asta traballante e molto
carino l'episodio della danza delle mani blu. Mario Mainino |
|
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il teatro Nero di Praga è
attualmente una delle migliori realtà artistiche internazionali, fondato da Petr
Kratochvil e Pavel Marek, ha ormai riscosso in tutto il mondo un successo che ne conferma
la solidità artistica ed espressiva. Larte scenica di questa eccezionale compagnia
si caratterizza per labilità degli artisti di mettere insieme il teatro di figura,
da cui proviene Petr Kratochvil, con le apparizioni improvvise dal buio di giganteschi e
splendidi pupazzi e clown, giochi di attori, pantomime e clownerie di vario genere. In Aspects
of Alice le specifiche possibilità di illusione della compagnia vengono arricchite da
una combinazione della tecnica della camera oscura, con la presenza di attori e le
proiezioni di un classico film danimazione, realizzato appositamente per lo
spettacolo. Alcuni misteriosi, tranquilli, angoli di zone storiche di Praga diventano
allimprovviso stranamente colorati dai sogni di Alice. La bambina della favola di
Carroll è cresciuta, è diventata donna, e la sua immaginazione oltrepassa i limiti del
tempo e ci fa vivere insieme a lei unavventura romantica con il re Carlo IV, o
possiamo lasciarci sedurre dalla sensuale visione del leggendario golem degli antichi
tempi praghesi, o corteggiare una casta novizia o ancora ascoltare una serenata
damore suonata, chissà, proprio per noi. Lasciamo la realtà e brindiamo con
limmaginario. Ne esce uno spettacolo che "ha la leggerezza di un sogno ad occhi
aperti, intriso di magia ed ironia
La parola è sempre inadeguata a descrivere
lemozione suscitata da uno spettacolo che riconsegna agli adulti i freschi sogni
dellinfanzia e regala ai bambini novanta minuti dincantesimo" (Genova, Corriere
Mercantile). |
Venerdì 25 gennaio 2002 Turno A
Sabato 26 gennaio 2002 Turno B
Domenica 27 gennaio 2002 Turno C
LE FURBERIE DI SCAPINO
di Molière - traduzione di Manlio Santanelli
con Paolo Bonacelli e Gigi Angelillo, e Cecilia
Broggini, Eva Drammis, Stefano Macchi, Cesare Saliu, Luigi Tontoranelli, Marco Vergani
regia di Sergio Fantoni Teatro di
Sardegna/La Contemporanea 83
|
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Siamo in una città del Mar
Mediterraneo, assolata e caotica, centro di commerci e traffici di ogni genere: a ridosso
del porto, vicoli, vicoletti, magazzini, taverne, il sole oscurato da una cascata di tende
fuori dalle botteghe, di cortili nascosti dove di giorno si fanno affari, si stringono
patti, e di notte si amoreggia o si regolano conti in sospeso col coltello. Siamo dunque a
Napoli, nei quartieri spagnoli, la Napoli del dopoguerra, povera, violenta, assetata di
vita, o in quella della prima felice commedia allitaliana?
In realtà siamo nella Napoli inventata da
Molière, romanzesca e realistica quanto basta per costruire una commedia la cui trama
risente di Plauto e di Terenzio, ma nella quale la comicità e la ferocia sono moderne,
sono, appunto, un impasto molieriano di dolce e di amaro, di allegria e di sarcasmo, di
amore e di violenza.
La storia che vorremmo raccontare è la storia damore di due giovanissime coppie che
casualmente si incontrano e si amano, di due padri ottusi e violenti, ben decisi a far
rispettare le regole della famiglia e dellonorabilità, di un vecchio maneggione,
saggio e cinico, che si vendica dei torti subiti dalla vita mettendo in corto circuito i
contrasti della commedia classica: è Scapino, uno che deve il soprannome al dono di saper
scappare con tempismo eccezionale quando le cose si complicano, maschera e uomo in carne
ed ossa secondo le circostanze, vendicativo e feroce di fronte alle ingiustizie, soprattutto a
quelle che investono gli affari di cuore. E poi il gioco; come gli piace giocare e
scommettere. Poi cè il vino
poi
Sullaltare delle sue debolezze ha
immolato la possibilità di emergere nella scala sociale del suo mondo. Invecchiando è
diventato il punto di riferimento di tutti i giovani del porto. È temuto e rispettato, ma
anche guardato con diffidenza dai vecchi perché si caccia sempre in qualche pasticcio al
limite del codice.
Alla fine della storia tutti i fulmini e le saette cadranno sulla testa di Scapino, ed
egli è abbandonato in una carriola, con la testa fintamente fasciata, ultima
burla, mentre le due famiglie festeggiano la pace ritrovata. Rimasto solo, Scapino
inutilmente invoca che gli lascino un posto a tavola. |
Giovedì 31 gennaio 2002
PRECISE PAROLE
di Gabriele Vacis e Lella Costa
con Lella Costa
regia di Gabriele Vacis
Irma
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Va detto che Shakespeare è di gran moda, e
quindi ci sarà chi penserà alla strizzata docchio, alla furbata,
all"operazione", ma noi, in realtà, è da un po che andiamo in quella
direzione, è da qualche anno che giochiamo con Capuleti e Montecchi, e perfino col Dolce
Principe, perché, semplicemente, ci riguardano. Raccontano storie nostre, ci spiegano un
sacco di robe, e tutto quel giocare con il finto e il falso, lessere e
lapparire, la memoria e il desiderio
E allora Otello, che tra laltro è una
tragedia così italiana, non solo per via di Venezia e dei Dogi eccetera. Bizzarro no, che
nel paese che ha inventato il delitto donore, larchetipo, il sinonimo quasi,
della gelosia, sia dimportazione.
E Desdemona naturalmente. E Jago e Cassio e
Barbantio: cioè in pratica tutto ciò che è conflitto, pensiero, problema, dubbio
contemporaneo. Uomo/donna, nuovo/vecchio, padre/figlio, nero/bianco, uguale/diverso.
Razza, patria, straniero, persuasione, invasione, guerra.Ma anche, forse soprattutto, il
vertiginoso potere del linguaggio. Parole e potere. Il mezzo è il messaggio. Il padrone
conosce migliaia di parole più degli operai, per questo è il padrone. Le parole sono
pietre. Abbiamo pensato di partire dalla tragedia di Otello e provare a raccontarla, e
vedere quante storie riusciremo a scoprire e inventare in questo viaggio: quanto lontano
riusciremo ad arrivare.Che poi, lontano da dove? Lella Costa Gabriele Vacis |
Sabato 2 febbraio 2002 - Turno A
Domenica 3 febbraio 2002 - Turno B
ALL THE JAZZ
musiche di Col Porter, Duke Ellington e George
Gershwin
coreografie di André De La Roche
con André De La Roche
Compagnia Giovani 90
|
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il grande Musical presentato in un'antologia
da Cole Porter a Duke Ellington, George Gershwin con un omaggio particolare a Bob Fosse in
un Happening elettrizzante di Jazz- Tutto in una Notte. 50 giovani artisti: cantanti,
ballerini, orchestra di 10 elementi dal vivo, assicurando due ore di grandi emozioni.
Spettacolo originale in cui vengono eseguiti i migliori Musicals e Films Musicali di
Broadway, alcuni così famosi da essere ormai entrati tra i grandi "classici"
della musica, altri meno famosi ma estremamente interessanti, di difficile esecuzione e
interpretazione che raramente si ha l' occasione di sentire dal vivo, fuori dal contesto
dell'opera di appartenenza.Un omaggio particolare al grande maestro Bob Fosse a cui viene
dedicata la seconda parte dello spettacolo con la presentazione di una selezione dei suoi
più importanti lavori
La Compagnia "Giovani 90", nata nel 1989 e composta da circa 70
giovani (orchestra, corpo di ballo, cantanti solisti e coro), rappresenta un'esperienza
originale nel panorama italiano. Nel corso degli anni ha messo in scena vari musicals (Jesus
Christ Superstar, Hair, Fame, Cats, Il Re Leone), ha presentato varie rassegne e
concerti proponendo brani tratti dai più famosi musicals; ha effettuato una lunga serie
di spettacoli musicali, molti dei quali ispirati alla tradizione dei neri d'America Gospels
& Spirituals e realizzato numerose tournèes all'estero - tra cui negli Stati
Uniti dove da cinque anni è regolarmente invitata dal Consolato italiano di Chicago ad
esibirsi in spettacoli negli stati di Illinois e Wisconsin. Si avvale di importanti
collaborazioni con grandi nomi della musica e della danza, di un cast di notevoli
proporzioni, con musicisti, ballerini e cantanti professionisti provenienti da ogni parte
d'ltalia e dagli Stati Uniti. Si presenta rigorosamente dal vivo con un apparato scenico,
costumi e luci di grande effetto.
Andrè De La Roche, di origine
corso-vietnamita e adozione americana, a soli 8 anni fa parte della "Los Angeles
Light Opera" nel cast di The King and I. Vince poi una borsa di studio
triennale aIl' American School of Dance di Los Angeles. A 18 anni è ballerino nel Musical
How to succed in business" e in molti spettacoli della tv americana: Lola
Falana Show- Diana Ross Show- Can Can - West Sme Story- Ringo Star Special, Sonny &
Cher. Nel 1979 il grande maestro del Musical BOB FOSSE lo scrittura come solista in Dancin.
Da quel momento inizia una brillante carriera che lo porterà nei maggiori teatri di tutto
n mondo, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, fino ad approdare alla televisione
italiana dove sarà ospite, coreografo e ballerino di molti spettacoli di successo quali Fantastico
8, Beato fra le Donne, Champagne, Rose Rosse, Domenica In, ecc. In teatro si esibisce
in Faust, Omaggio a Bèjard, Bolero, La Bella e la Bestia, Il Mago di Oz. Con la
compagnia "GIOVANI '90" collabora da parecchi anni, creando originali
coreografie e interpretando i maggiori ruoli negli spettacoli realizzati tra cui: Jesus
Christ Superstar, Jellicle cats come out.., Lion King. Nel musical "ALL THE
JAZZ" è coreografo-protagonista e si è ispirato a quella musica Jazz che lo ha reso
interprete di grande talento i tutto n mondo. |
Lunedì 4 febbraio 2002
LA SERA DELLA PRIMA
di John Cromwell
con Rossella Falk e Anna Lelio
regia di Alberto Terrani
Compagnia Rossella Falk |
dalle Note di Sala Teatro Coccia
Comune di Novara Unattrice
celebre, dopo una lunga assenza dal teatro, la sera della prima del Gabbiano di
Cechov, sta per andare in scena nel ruolo che ha sempre desiderato interpretare: Irina
Nicolaeva Arkadina. In camerino, con la sua sarta, la tensione la induce a lasciarsi
andare a uno sfogo che comprende ricordi, considerazioni sulla vita e sul teatro,
invettive contro il mondo e contro se stessa: il bilancio delle vittorie e delle sconfitte
di una vita. Il tono è impietoso e sarcastico. Ritornano nelle sue parole le grandezze e
le meschinerie del suo mondo e dei personaggi che hanno contato nella sua vita teatrale
degli ultimi cinquanta anni. Cè anche del divertimento, ma langoscia della
fine, rappresentata dal "chi è di scena" che si avvicina inesorabilmente,
incombe fin dallapertura del sipario. Quando essa arriverà, lAttrice dovrà
avviarsi verso le luci della scena: in quel ruolo che lei auspica come coronamento di un
sogno, ma che teme come una forzatura, quella che seppellirà ogni possibile sogno. |
Venerdì 8 febbraio 2002 Turno A
Sabato 9 febbraio 2002 Turno B
Domenica 10 febbraio 2002 Turno C
FILUMENA MARTURANO
di Eduardo De
Filippo con Isa Danieli e Antonio Casagrande Gigi De
Luca, Virginia Da Brescia, Mario Salomone, Antonello Cossia Antonio Spadaro, Patrizia
Capacchione, Lucia Nigri, Adriano Mottola Antonella Romano, Gino De Luca
regia di Cristina Pezzoli
Compagnia Gli Ipocriti |
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Scritta nel 1946, Filumena Marturano fu
messa in scena per la prima volta il 7 novembre dello stesso anno al teatro Politeama di
Napoli dalla compagnia De Filippo: protagonista assoluta una intensa e vera Titina De
Filippo, per la quale il testo era stato espressamente scritto dal fratello, il grande
Eduardo. Tre atti certamente di fantasia, ma al tempo stesso ispirati ad un fatto di
cronaca realmente avvenuto come ricordò, a suo tempo, lo stesso Eduardo: "un
fattarello piccante ma minuscolo da cui trassi la vicenda ben più vasta e patetica di
Filumena, la più cara fra le mie creature". La storia? Semplice, eppure
universale. Cè di mezzo la maternità, ma anche la femminilità che con questa
convive; cè il senso della "rispettabilità", dellonore del mondo
da conquistare, ma anche listinto, che è più forte di ogni altra cosa. Una donna,
Filumena, una ex prostituta, riesce a farsi sposare, dopo tanti anni di convivenza, da
Domenico Soriano fingendosi in punto di morte. Ma non appena salta fuori che non ci sarà
nessun decesso e che si è trattato di una semplice messinscena, luomo, arrabbiato,
non vuole riconoscere la validità del matrimonio ed è intenzionato a chiedere
lannullamento. Sarà in quella occasione allora che Filumena gli rivelerà di avere
tre figli, ma che soltanto uno di questi è nato da lui. Eppure non gli dirà mai quale
dei tre è suo, né ora né mai perché - secondo una frase divenuta ormai famosa - i
figli so figli e sono tutti uguali. Dopo la Filumena dimessa, ma dalla voce
potente e forte di Titina De Filippo, dopo la creatura dolce di Regina Bianchi, dopo
Pupella Maggio e la "lupa" Valeria Moriconi, ora, nellambito dei
festeggiamenti per il centenario della nascita di Eduardo, toccherà dunque ad Isa
Danieli, una delle nostre attrici più passionali ed appassionate, dar vita ad un
personaggio di donna e madre che da sempre fa battere il cuore degli spettatori fino a
diventare una sorta di archetipo della maternità carica di sensualità, senza mediazioni,
autrice di battute - come "E figlie so figlie"- ormai
diventate parte dellimmaginario comune e del lessico quotidiano. |
Venerdì 15 febbraio 2002
Turno A
Sabato 16 febbraio 2002 Turno B
Domenica 17 febbraio 2002 Turno C
MADAME DE SADE
di Yukio Mishima
con
Lucilla Morlacchi Madame de Monteuil), Laura Pasetti (Reneè moglie del
marchese de Sade e figlia della signora di Montreuil), Elena Ghiaurov
Contessa de Saint-Fond,
Francesca Inaudi Annè-Prospere sorella di Reneè, Cinzia Spanò Baronessa di
Simiane, Olga Rossi Charlotte,
regia di Massimo Castri
Teatro Stabile Torino
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Lucilla Morlacchi
Laura Pasetti |
Non mi aspettavo
tanto da questo spettacolo , non avendo una conoscenza approfondita del
testo, mi potevo forse aspettare un contenuto piuttosto spinto, provocatorio
e una classica rappresentazione, magari sostenuta ma non altro che un teatro
di conversazione Quando il sipario si apre resto subito incantato dalla
bellezza della visione un angusto giardino. chiuso tra altri siepi di
cipresso illuminato da una sole impietoso e chiaro,tre panchine di sasso,
una statua nuda e sensuale di Diana cacciatrice, e tanta, tanta calma,si
ascolta solo in lontananza il canto dei grilli e di alcuni uccelli appena
appena accennato. Per tutte le tre ore di spettacolo la scena e tutta li. Ma
la luce illumina spietatamente gli abiti in forma pre-rivoluzionaria ampi,
larghi, luminosi, abiti di un bianco accecante, bianchi come la presunta
purezza che voglio esternare, ma che invece coprono desideri innominabili
"il fatto" si può evocare che strano giri di parole che parlano del "sole e
del suo passaggio ad illuminare prima il ventre poi i glutei di Diana".
Questi abiti cambieranno atto dopo atto, nel secondo atto, sei anni dopo, il
giardino sarà sparso di secche foglie di acero e di quercia e tutte le donne
saranno in costume marrone senza più le bianche parrucche nobiliari, sulla
panchina una mela sbocconcellata ed un libro lasciato aperto. Ancora tredici
anni e nell'ultimo atto siamo in inverno, c'è tanta neve sui cipressi e a
terra. Le donne sono stavolta vestite di nero, i cappelli sono grigi tutto
sembra ormai concluso la baronessa di Simiane nel frattempo è diventata
suora e viene a confermare l'apertura del convento per accogliere Reneè,
moglie del marchese De Sade. Tutto è accaduto o forse non è successo nulla,
di fatti infatti non ne vediamo mai, di questi tutto si è svolto
nell'intervallo, o prima che si aprisse la scena o durante l'intervallo
mentre gli anni passavano, il tempo passava e noi eravamo distolti. Tutto lo
abbiamo ascoltato raccontato da queste donne, i fatti non li rivedremo mai,
non vedremo mai la felicità, felicità che forse non esiste. In un arco di
tempo di 19 anni due donne sono affrontate e sono state un monumento di se
stesse Lucilla Morlacchi, la signora di Montreuil, è stata il monumento alla
madre e la figlia Reneè monumento alla fedeltà della moglie ma neanche di
questo possiamo essere certi. Di nulla esiste la certezza in un mondo di
pazzi, Charlotte la cameriera appare ora vestita a lutto ma anche da
dama come le sue padrone, piange la vecchia padrona la signora di Saint-Fond,
morta travolta dalla carica che cercava di disperdere il popolo in rivolta a
Marsiglia, dove lei era andata a cercare nuove perverse esperienze;
travestita da prostituta si concedeva al porto e con le monete ricevute in
pagamento si stava confezionando un abito. Dice la signora di Montreuil che
se dopo la rivoluzione ognuno potrà fare quello che vorrà, anche follie come
quelle erotiche ossessive del marchese De Sade possono essere il passaporto
per salvezza uno scampo dalla vendetta dei rivoluzionari contro i nobili e,
per quel poco che vale, quello che ha fatto la signora di Montreuil per la
salvezza del Marchese, ora le verrà restituito con la protezione esibita dal
Marchese uscito dalla prigione e sarà la sua salvezza "chi volete che se la
prenda con una vecchia signora?"
Per tutti questi anni ha cercato di allontanare la figlia dal marito,
dopo avere preso coscienza del fatto che la figlia in fondo amava anche le
scorrerie sessuali del marito. Aveva allora cambiato atteggiamento e fatto
di tutto per allontanarla da lui. Alla fine dell'opera una figlia (Anne)
parte per Venezia con il nuovo marito per raggiungere i suoi palazzi dove
forse troverà la salvezza dalla rivoluzione. Reneè la moglie del Marchese De
Sade invece si chiuderà in convento e Lei rimarrà sola forse per sempre in
questo giardino.
Mario Mainino
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
MADAME DE SADE
di Yukio
Mishima
con Lucilla Morlacchi, Laura Pasetti, Elena Ghiaurov
Francesca Inaudi, Cinzia
Spanò, Olga Rossi regia di Massimo Castri Teatro
Stabile di Torino/Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Il giapponese Mishima
(1925-1970) è stato scrittore violento e ammirato. Di famiglia
aristocratica, ha incarnato lo spirito Samurai come nessun altro. Ne è stato
così permeato da assumere atteggiamenti fortemente reazionari che
culminarono nell’esibizione continua di sé, e persino della propria morte,
celebrata pubblicamente e teatralmente con il rito del hara-hiri,
prerogativa del samurai e modello insuperabile di superomismo. In
Madame de Sade, dramma sconvolgente ed enigmatico composto nel 1965 da
Yukio Mishima sulla traccia e sulle suggestioni di La vita del marchese
de Sade raccontata da Tatsuhiko Shibusawa, sembra accadere ben poco. È
stato osservato che, rovesciando Pirandello, siamo di fronte a sei autori
che cercano il personaggio. Infatti sono sei gli autori - sei donne -,
mentre il personaggio, il marchese de Sade, è contrassegnato da un’assenza -
presenza che fa di lui un fantasma enigmatico. Sei donne s’interrogano sul
marchese rinchiuso in prigione. In questa lunga ricerca,
o
, per dirla con Mishima, in questo saggio
femminile su de Sade, emerge l’incrollabile fede di madame de Sade, Renée,
nei confronti del marito e della sua innocenza. Ma ecco l’enigma. Perché
mai, tornando a casa libero ma distrutto nel fisico, il marchese si sente
dire dalla cameriera che la moglie non vuole e non vorrà più vederlo? Con
quest’opera Mishima ha voluto esprimere quanto vi è di più incomprensibile e
di più autentico nella natura umana. Il gioco è spietato, ci rimanda
all’equilibrio dei pianeti, alle loro distanze immutabili, ma anche alla
guerra privata dell’ultimo samurai.
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Sabato 23 febbraio 2002 -
Turno A
Domenica 24 febbraio 2002 - Turno B
ROCKY HORROR CONCERT SHOW
testi di Fabio Santini - coreografie di Ilaria
Pinzauti - regia di Gianni De Simone
Kaspar Hauser Company |
Il ricordo del film e di un passata edizione teatrale a Milano, con una
compagnia inglese non sono stati sorpassati dalla edizione attuale.
Nonostante la buona volontà di tutta la compagnia, lo spettacolo non ha
coinvolto in modo particolare, anche se il poco pubblico, di tutte le età,
presente alla rappresentazione domenicale ha applaudito. C'erano alcune voci
che mi sono abbastanza piaciute, il fidanzatino Brad e il prof.Scott; buono
il gruppo strumentale che accompagnava dal vivo, ma gli altri interpreti,
per quanto abbastanza scoperti, sia uomini (in tacchi a spillo e calze di
rete "smagliate" come da copione) che le donne abbondantemente visibili sul posteriore
non erano particolarmente coinvolgenti ne come vocalità ne come danza, poche
movenze ripetitive e con coereografia da scuola di aerobica ai primi passi.
Il protagonista ha cercato invano di essere corrosivo, ma sembrava un bravo
ragazzo che si sforzava di fare il perverso dott. FrankFurter, persino RifRaf
e Magenta che sono il deus ex maccina della vicenda non avrebbero
impressionato neanche all'asilo. Ben diversi quelli del film per chi se li
ricorda. Insomma un pomeriggio con della musica ancora gradevole, ma senza
particolari vibrazioni. Mario Mainino
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
ROCKY HORROR CONCERT SHOW
testi di Fabio Santini coreografie di Ilaria Pinzauti regia di Gianni
De Simone Kaspar Hauser Company
Brad e Janet, due ignari fidanzatini trovano rifugio in un castello durante
un temporale. Li attende Frank'n'Furter, un alieno diabolico e geniale, che
assieme a due inquietanti servitori, condurrà loro e gli altri fantastici
personaggi della storia in un crescendo di avventure fanta-erotiche, fino al
pirotecnico, catastrofico finale. E' il Rocky Horror Show, il cult-musical
firmato Richard O'Brien, il più amato e rappresentato del secolo; il più
irriverente, divertente, travolgente e sensuale della storia del rock. Pieno
di spunti tratti dai classici letterari e cinematografici, dell'horror,
della fantascienza e dell'erotismo, è stato un enorme successo anche sul
grande schermo, diretto da Jim Sharman nel 1975 e con un cast che
comprendeva Tim Curry, Susan Sarandon e Meat Loaf.
La messa in scena di Kaspar Hauser, ripropone lo spettacolo integralmente
dal punto di vista musicale, cercando di riprodurre anche la particolare
atmosfera scenica, attraverso i costumi originali, le coreografie, le luci,
una recitazione ed una interpretazione tali da far seguire al pubblico la
vicenda narrata e da rendere più attraente e coinvolgente lo spettacolo, il
tutto supportato da un narratore che rende comprensibile la vicenda .anche a
chi non conosce lo spettacolo, coinvolgendolo e rendendolo partecipe del
Convegno Annuale Transylvano.
Una rappresentazione di grande energia, non dimenticando l’anima rock che
pervade lo spettacolo dalla prima alI'ultima nota, con più di 20 persone sul
palco a cantare e ballare insieme al pubblico il Time Warp.
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Venerdì 1 marzo 2002
Turno A
Sabato 2 marzo 2002 Turno B
Domenica 3 marzo 2002 Turno C
NINOTCHKA
Il fascino discreto di un
amore impossibile
di Melchior Lengjel - versione italiana di Luigi
Lunari
con Claudia Koll e Alberto Di Stasio
regia di Filippo Crivelli
Plexus T. |
Il testo non è uno
dei più profondi ne esilaranti, la piece di Lengiel mette in scena un
piccolo numero di attori, di cui tre con pochissime battute: la sartina, la
principessa, e il crudele commissario (questo realizzato molto bene da
Gianluca Machelli).
Si dovrebbe ridere per i due poveri ed incapaci agenti segreti russi, in
missione a Parigi, costretti a lasciate la suite imperiale per non farsi
sorprendere in lussi e agi che non si dovrebbero permettere. Dovrebbero
dormire un una angusta cameretta in soffitta con un solo letto dove dormire
a turno, mangiare pane ma "....secco" e bere solo acqua, cosa che ovviamente
non fanno perché già conquistati dalla vita parigina e dallo champagne.
L'arrivo della austera commissario Ninotchka con dei panini preparati prima
della partenza, i suoi commenti sull'appartamento che potrebbe ospitare
almeno cinque famiglie, sulla vasca da bagno nella quale non dorme nessuno
sono gli elementi comici che dovrebbero farci ridere. In quanto al fascino
dell'avvocato Corot, proprio non ho colto come e dove si è espresso infatti
è Ninotchka a condurre l'azione e a chiedere suito di esserne corteggiata e
ad innamorarsene senza che il tapino non abbia fatto molto per conquistarla.
Inoltre anche come trucco di scena, mentre Claudia Koll è veramente molto
bella già dal primo atto nei panni del commissario, Alberto Di Stasio nei
panni dell'avvocato non è molto avvenente, lo è molto di più fuori scena in
abiti normali. Simpaticissimi i due agenti imbranati Ivanov era Riccardo
Peroni e lo sciocco Brankov era Alfredo Piano. Regia molto semplice ma non
si poteva fare altro con questo testo.Mario Mainino
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
NINOTCHKA
Il fascino discreto di un amore impossibile di Melchior Lengyel versione
italiana di Luigi Lunari con Claudia Koll, Giampiero Bianchi e Riccardo
Peroni, Marco Marelli regia di Filippo Crivelli Plexus T.
Pochi titoli possono vantare un albero genealogico altrettanto ricco di nomi
e di talenti. Dal racconto di Melchior Lengjel al film di Ernst Lubitsch
(universalmente noto per l'interpretazione di Greta Garbo), per giungere
alla versione teatrale di Gilbert Sauvajon, uno dei grandi maestri della
commedia francese, con la quale ebbe la sua definitiva consacrazione.
La storia è un felice connubio di attualità e universalità, di cronaca e di
favole.
Ninotchka è una divertente satira di costume ambientata a Parigi negli anni
'30, non molto dopo la rivoluzione sovietica, quando la ville lumière è
piena di principi russi sfuggiti alla severa dittatura. E’ qui che una
commissione sovietica incaricata di recuperare un 'Raffaello' fuoriuscito,
ed impigrita tra le spire della bella vita parigina, si vede minacciata
dalla visita di controllo di un commissario del popolo. Il commissario in
effetti arriva, intransigente e severo, come ogni commissario sovietico che
si rispetti. La sola nota particolare è che si tratta di una donna:
Ninotchka appunto, una bella e giovane donna che arde del sacro fuoco
dell'impegno politico e sociale, che disprezza i lussi borghesi, e che si
indigna di fronte agli sperperi e alle ingiustizie della società decadente.
Ma questa società - per quanto ingiusta e decadente - ha anche il suo
fascino: soprattutto se ci si trova a Parigi, e se l'antagonista nella
diatriba su 'Raffaello' è un elegante e ricco avvocato, che di Ninotchka si
innamora e che a poco a poco la accende di femminilità e di gioia di vivere.
Fino all'atteso lieto fine: immancabile, ma non di maniera.
Claudia Koll, una delle attrici della nuova generazione, che con il suo
fascino e il suo talento ha conquistato il pubblico televisivo e teatrale, è
l'eroina di questa favola moderna. Giampiero Bianchi sarà l'elegante e
ironico avvocato parigino che conferirà al suo personaggio tutto lo charme
necessario. I raffinatissimi costumi e le scene di Alberto Verso
contribuiranno a farci rivivere l'atmosfera della Parigi del tempo; la regia
è affidata alla mano esperta di Filippo Crivelli.
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Sabato 9 marzo 2002 - Turno
A
Domenica 10 marzo 2002 - Turno B
ULTIMO TANGO
musica di C. Gardel, A. Piazzolla, A. Yupanqui
coreografie di Anibal Pannunzio & Magui Danni
Compagnia Argentina Buenos Aires Tango
Anibal Pannunzio & Magui Danni
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
La Compagnia Buenos Aires Tango
di Anibal Pannunzio e Magui Danni porta in scena, con uno stile superbo e
trascinante, uno spettacolo che ripercorre le tappe della storia del tango,
dalle sue origini, nei locali bui e fumosi dei bassifondi, impregnato di
calore, melanconia e rovente passionalità, per approdare all’eleganza, al
fasto e al lusso del ballo che conquista Buenos Aires e il mondo intero,
transitando per una lunga e rovente parentesi dedicata al folklore dei
Gauchi. Il ritmo è scandito dallo straordinario quartetto Luis Rizzo che
accompagna dal vivo la compagnia. Danza
della seduzione e della nostalgia, il tango possiede un fascino senza tempo
che riempie il cuore degli spettatori di una malinconia languida e sensuale.
Le eleganti evoluzioni dei ballerini sulla scena parlano di sentimenti
universali quali l'amore e l'odio, la rabbia e la passione, il rimpianto ed
il desiderio, ma raccontano anche, attraverso i loro intrecci carichi di
tensione erotica, la storia di un ballo nato nei bassifondi dell'Argentina
di fine secolo. È indissolubilmente legato alla cultura sud-americana. Le
origini del tango si perdono in quell'intricato miscuglio di razze e culture
che caratterizzava i sobborghi di Buenos Aires negli ultimi decenni del
1800, quando i numerosi emigranti, arrivati da ogni parte d'Europa, si
mescolarono ai porteños (gli abitanti delle zone portuali) e ai gruppi
locali di gente povera ed emarginata. Soli e lontani dalla loro terra
d'origine, s! ritrovavano la notte a bere nei bar o cercavano sollievo alla
loro nostalgia nei bordelli locali. E qui che nasce il tango, prima come
danza esclusivamente maschile, sfida di destrezza che riproduce gli incontri
consumati agli angoli delle strade o le lotte per il favore di una donna,
poi con l'arrivo delle prostitute come danza di coppia dalle movenze
esplicitamente erotiche, nell'incontrarsi a volte quasi violento dei corpi
dei danzato- ri. Ancora oggi, l'intrecciarsi delle gambe, contrapposto alla
rigidità del busto, e lo sguardo fiero e diretto dei tangueros, evocano quel
desiderio e quella passione quasi selvaggia che derivano dalla disperata
solitudine degli abitanti dei conventillos.
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Venerdì 15 marzo 2002
Turno A
Sabato 16 marzo 2002 Turno B
Domenica 17 marzo 2002 Turno C
VARIAZIONI ENIGMATICHE
di Eric-Emmanuel Schmitt traduzione e
adattamento di Glauco Mauri
con Glauco Mauri e Roberto Sturno - regia di Glauco Mauri scene e costumi
Alessandro Camera
Compagnia Glauco Mauri
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il
titolo è ispirato alle cosiddette Variazioni enigmatiche del compositore
inglese Edward Elgar (1857-1934): variazioni su una melodia che l’autore
diceva molto nota, ma che nessuno è mai riuscito a individuare, una melodia
nascosta, inafferrabile, lontana come sono lontane le donne che si sognano,
che si amano, che mai si arriva a conoscere. Attorno a questo mistero due
uomini si affrontano: un Nobel per la letteratura, che per fuggire gli
uomini si è rifugiato in un’isola sperduta nel mare della Norvegia, e un
giornalista che con il pretesto di un’intervista mira a stanarlo. Questo il
tema del testo più conosciuto di Eric-Emmanuel Schmitt, quarantenne
professore di filosofia, oggi forse il principale esponente della
drammaturgia francese contemporanea: tema che si sviluppa come in un
thriller dei sentimenti, ritmato da emozionanti colpi di scena, in
un’alternanza di crudeltà e tenerezza, di ironia feroce e profonda
commozione. Grandi attori Alain Delon, Klaus-Maria Brandauer, Donald
Sutherland si sono confrontati con questa pièce intelligente e tesa, tutta
giocata su una dialettica sferzante e sarcastica: e di sorprendente
intensità è l’interpretazione, applauditissima, che ne offrono Glauco Mauri
e Roberto Sturno, che con questo allestimento, abbandonando per una volta i
prediletti classici, hanno festeggiato nell’ottobre del 2000 i settant’anni
del grande capocomico e il ventennale della loro compagnia.
Eric-Emmanuel Schmitt è uno
degli autori contemporanei di maggior successo sul piano internazionale e di
certo, oggi, il più importante esponente della drammaturgia francese. Nato
nel 1960, si rivela come scrittore di teatro nel 1994 con Le Visiteur (Il
Visitatore), un testo che avrà larghissima fortuna in Francia e all'estero
nella versione teatrale e che verrà portato addirittura in televisione.
Ottiene, nello stesso anno, ben due Premi Molière, il primo come Rivelazione
Teatrale, il secondo come Miglior Autore proprio per Il Visitatore, che a
sua volta è premiato come Miglior Spettacolo di Teatro Privato. Ma
interessanti sono state anche le prove precedenti a tale testo: va ad
esempio ricordato La nuit de Valonge (1991-92), e meritano attenzione i
successivi Golden Joe (1994-95) e Milarepa (1996-97). Comunque, una nuova
grande conferma in campo teatrale viene proprio da Variazioni enigmatiche,
tradotto, rappresentato e applaudito in tutto il mondo e premiato
dall'interesse dei grandi protagonisti della scena che lo hanno
interpretato: da Alain Delon a Klaus-Maria Brandauer, a Donald Sutherland.
Ma il mondo di Eric-Emmanuel Schmitt, non si limita al puro teatro: è
infatti notevole la sua carriera universitaria. Laureato in filosofia nel
1983, consegue il dottorato del Terzo Ciclo nel 1986 con una tesi sul tema
Diderot e la metafisica. Fino al 1994 è impegnato all'Università di Savoia
come relatore di filosofia. Una alta preparazione culturale, dunque, e una
sensibilità verso il pensiero filosofico, che spesso riconosciamo nei suoi
lavori e nel suo stesso originale approccio alla scrittura teatrale: «Credo
che un testo non si limiti al piacere e al momento della rappresentazione -
afferma infatti l'autore - deve disturbare, sollecitare lo spettatore di
questioni e di domande».
Un effetto ottenuto (a giudicare dalle reazioni registrate a ogni replica di
Variazioni enigmatiche) grazie a una drammaturgia sottile e affascinante,
forte e contemporaneamente delicata, che spesso - come accade per il testo
rappresentato al Politeama Rossetti - parte dall'assunto, provocatorio e
veicolo di intense induzioni, che «Avere certezze è confortante, ma è
necessario perderle».
Sembra ieri quando per la prima volta vidi in teatro Glauco Mauri in "Verso
Damasco" anno 1979, da allora tantissimi sono stati i personaggi che uno dei
più importanti attori che animano la scena teatrale italiana ha impersonato.
A Novara al Teatro Coccia Glauco Mauri porterà con la sua compagnia le
"VARIAZIONI ENIGMATICHE" di Eric Emmanuel Schmitt di cui ha curato
personalmente traduzione e adattamento e regia. Lo spettacolo andrà in scena
alle ore 21 venerdì 15 marzo e sabato 16 mentre domenica 17 alle 16. Il
titolo è ispirato alle cosiddette Variazioni enigmatiche del compositore
inglese Edward Elgar (1857-1934), variazioni su una melodia che l’autore
diceva molto nota, ma che nessuno è mai riuscito a individuare, una melodia
nascosta, inafferrabile, lontana. Eric-Emmanuel Schmitt, professore di
filosofia, è oggi forse il principale esponente della drammaturgia francese
contemporanea. Il testo immagina un giornalista che stana un premio Nobel
per la letteratura, rifugiatosi in un’isola sperduta nel mare della
Norvegia, con il pretesto di un’intervista. Ancora un classico teatro di
conversazione dove i due protagonisti Glauco Mauri e Roberto Sturno si
affrontano parlando delle donne, dei sogni, dell'amore. Dopo vent'anni di
compagnia insieme Glauco Mauri impersona il premio nobel in questa messa in
scena cucita come un abito di sartoria sulle sue istrioniche possibilità.
Mario Mainino
Edward Elgar (1857 - 1934)
Pur avendo iniziato precocemente la carriera musicale come violinista,
direttore d'orchestra e organista, fu solo a partire dal 1889 che decise di
dedicarsi alla composizione con il massimo dell'impegno. Autodidatta,
ebbe già un buon successo nel 1896 con l'oratorio "Lux Christi" ma furono
soprattutto le "Variazioni Enigma" (1899) a dargli fama in tutta
l'Inghilterra. Ottenne numerosi riconoscimenti per la sua attività
(nel '24 fu acclamato "Master of the Kings Music"), riducendo però
moltissimo la produzione negli ultimi 15 anni di vita. Compose numerosi
lavori per il teatro, diversi Oratori, 2 Sinfonie, 2 Concerti (uno per
violino e uno per violoncello), pezzi organistici e pianistici. Il catalogo
di musica da camera comprende un Quartetto per archi, un Quintetto per
pianoforte e archi, una Sonata per violino e pianoforte e altre pagine
minori.
http://www.karadar.com/Dizionario/elgar.html |
Sabato 23 marzo 2002 - Turno
A
Domenica 24 marzo 2002 - Turno B
BENTORNATO VARIETÀ
testi e regia di Sergio Pisapia Fiore musiche originali di Marco Versari
coreografie di Patricia Sousa Leal
con Sergio Pisapia Fiore, il Centro Nazionale Teatrale
e la partecipazione del Brazil Ballet Show
Centro Nazionale Teatrale Sergio Pisapia Fiore |
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Col
nome di varietà si suole definire, in Europa e poi nelle Americhe dalla II^
metà dell'ottocento, uno spettacolo composito di "arte varia" in cui si
succedono alcuni "numeri" o brevi rappresentazioni di genere diverso,
prevalentemente comico-musicale e senza alcun legame o filo conduttore.
Il varietà nacque in Italia verso la fine dell'ottocento come punto
d'incontro tra il cafè-chantant di derivazione francese e il più antico
filone dello spettacolo popolare italiano: la; ; Commedia dell' Arte. Il
cafè-chantant vi giunse verso la metà del secolo e ben presto diventò
popolare nell' ambiente intellettuale e dell'alta borghesia. Una cronaca
così ne descrive l’avvento:
"... venne in Italia e con gli italiani s’intese presto, per una certa
strana identità di gusti e di tendenze. Vi capitò durante una famosa crisi
politica. La Destra storica, quella di P.S. Mancini e Benedetto Cairoli
cedeva il posto alla Sinistra di De Pretis e Nicotera. Nel campo delle
lettere giacobineggiava Giosuè Carducci ed a Roma l’editore milanese
Sommaruga riuniva intorno a se la Serao, Scarfoglio e la contessa Lara. Nei
salotti alla moda si incominciava a parlare del giovane Gabriele D
'Annunzio. Michetti dipinge "Il Voto" e Verdi prepara con Boito le tonanti
invettive di Otello... Ma il varietà sembrava non impressionarsi di tutti
questi personaggi. S’installò in alcuni locali e promise piaceri, svaghi,
distrazioni. Così ben presto parve a tutti che la vita si colorasse di rosa
e che l’epoca fosse tanto bella". |
Mercoledì 3 aprile 2002
PORTASUDEUROPA
di Maria Pia Daniele
con Bruna Rossi
regia di Stefania Felicioli
Teatro Stabile Torino
Bruna Rossi
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Il testo racconta, realisticamente, parte della giornata di
una giovane giornalista algerina, nella redazione di un giornale di Algeri
ai giorni nostri.
Alla sua quotidiana attività giornalistica, scandita dai brevi pezzi che le
vengono commissionati, la giovane affianca quella clandestina, che la
impegna nella stesura di un manifesto femminile a difesa della libertà di
espressione e del processo di democratizzazione dell’Algeria.
Il ricordo di un passato che l’ha vista cronista di costume (al Festival di
Cannes) e una lunga telefonata col fidanzato musicista emigrato a Parigi per
sfuggire agli integralisti, fanno emergere tutta la sua solitudine di
persona che ha scelto di resistere combattendo una battaglia civile, senza
sfuggire alla propria terra: una solitudine eroica, che non scende a
compromessi con le lusinghe di una tranquillità occidentale e che culminerà
nella sua morte.
Provate a immaginare - scrive Maria Pia Daniele, autrice di numerosi testi
di impegno civile - cosa vuol dire, nel 1996 per una donna emancipata,
un’intellettuale, che definiremmo con naturalezza "figlia del nostro tempo",
vivere in un paese in cui una fazione politica vuole negarle il diritto di
esistere, vuole impedirle di lavorare, di esprimere opinioni e perfino di
amare liberamente. Khalida è una giornalista algerina, fino a cinque anni
prima ha vissuto liberamente in una società multiculturale; ma adesso
l’Algeria - porta sud d’Europa, porta istoriata di antiche e multiformi
espressioni della cultura laica, e graffiata dalla sapiente dottrina di
Averroè -, soffre di un processo di democratizzazione bruscamente
interrotto; il paese è incredibilmente risucchiato in una barbarie che
stordisce, calato nella dimensione di un tempo precario, quasi astratto.
Per Khalida bloccare gli integralisti è un dovere civile, ma anche una
battaglia personale; ferma nella sua identità, adopera le armi della ragione
contro la violenza e la prepotenza, la sua strada, di apparente serenità, si
fa via via più pericolosa. Condannata dagli aguzzini, Khalida non fugge ma
rimane a combattere – scrivendo un’ultima testimonianza – quella che non è
una guerra civile, ma una silenziosa e più incisiva battaglia per la
civiltà. |
Sabato 6 aprile 2002 - Turno
A
Domenica 7 aprile 2002 - Turno B
LACQUA CHETA
di Augusto Novelli - musica di Giuseppe Pietri
regia di Corrado Abbati
con Corrado Abbati
Compagnia di Operetta
Corrado Abbati
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dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
In
casa del vetturino Ulisse, le due figliole lda e Anita con la madre, la sora
Rosa, ricamano mentre Cecchino, un giovane falegname lavora ad una
riparazione. Anita e Cecchino si vogliono bene e non si vergognano di
manifestate il loro affetto. Ida, la schiva e timida sorella minore, sembra
da ciò molto infastidita mentre il buffo garzone Stinchi ha capito subito i
buoni propositi del falegname e si fa alleato dei due innamorati. Ulisse
appena rientrato in casa, è informato da Cecchino del suo sentimento per
Anita e sarebbe anche disposto a dare il suo consenso quando interviene sua
moglie che liquida il falegname con poche e chiare parole: per sua figlia ha
altre ambizioni.
Arriva intanto il nuovo inquilino Alfredo, un giovane a cui la sola Rosa ha
affittato una camera. Alfredo sembra un tipo molto distinto ma Anita
riconosce in lui lo spasimante di quell'acqua cheta di sua sorella Ida. La
sera stessa troviamo i nostri eroi a cenare in giardino. Anita con il suo
dolore per l'amore contrastato, Stinchi con il suo fiasco di vino e Ida,
tutta ammaliata dalle parole che declama il signorino Alfredo. Anche la sola
Rosa è conquistata dai modi gentili di Alfredo che con diverse bugie si fa
benvolere. Alfredo però ha addirittura organizzato una fuga con lda, non
prima però di aver portato la famiglia alla tradizionale festa della
Rificolona. Dopo la festa tutti vanno a dormire ma ecco Alfredo e Ida
mettere in atto il loro piano: vogliono fuggire e hanno già noleggiato una
carrozza. Mamma Rosa è disperata alla notizia della fuga dei due giovani:
che scandalo!. Fortunatamente Cecchino ha ascoltato il colloquio fra Ida e
Alfredo e ha potuto riacciuffarli con l’aiuto di Stinchi. Il falegname è un
bravo giovane e va ricompensato: avrà la sua Anita. In quanto a Ida, dopo la
dovuta ramanzina, potrà sposare Alfredo anche se ancora una volta si rivela
saggio l’antico detto "L’acqua cheta rovina i ponti!". Tutti felici dunque e
anche Stinchi, che ama il suo fedele fiasco di vino, si consola pensando
alle bevute che farà durante il doppio matrimonio. L'Acqua cheta: un pò operetta, un po' commedia musicale, insomma un "nuovo
musical italiano". Questo lavoro vive oggi di una "modernità" sorprendente
per quella sua attualissima capacità di raccontare in musica non tanto i
principi e principesse (come vuole e fa l'operetta diciamo tradizionale), ma
una storia che ha assoluta corrispondenza con la vita, con le vicende di
tutti giorni, con le novità che esprimono i mutamenti del tempo e che
forniscono gli argomenti di discussione più frequenti ed accendono le
fantasie della gente.
Uno spettacolo, dunque, che rappresenta un fatto dì costume ed un elemento
di riflessione sui problemi dell'epoca (siamo negli anni '20) e, a distanza
di tempo, ci consente di registrare come spesso gli argomenti di
discussione, mantengono intatta la loro attualità. La realtà si fa dunque
elemento determinante, ma la vita di tutti i giorni non è priva di desideri,
capricci e sogni così come questa "Acqua cheta" firmata da Corrado Abbati
dove la voglia di sognare si fa motore dell'adattamento sino al grande lieto
fine, con un matrimonio così felice ed elegante, da essere quello che avete
sempre desiderato.
E poi "i capricci" che Abbati ha disseminato in questo suo nuovo
adattamento, dove i cavalli sono quelli bianchi delle giostre capaci di
rievocare in un quadro di grande spettacolarità, la gioia di quel
divertimento forse infantile, ma tanto vero. Ed ancora, i ricordi di feste
popolari (come il palio) che si "materializzano" in scene corali di sicuro
effetto emotivo ricreate da curatissime ricostruzioni storico fantastiche
affidate ad una girandola di costumi dalle sorprendenti mutazioni cromatiche
ed a connotazioni scenografiche studiate con intenti etnografici.
Lo spirito dello spettacolo va dunque molto più in là delle vicende
descritte, ma non dimentica mai una più attenta analisi delle situazioni e
dei sentimenti descritti con tanta intensità dalla musica di Giuseppe Pietri,
capace di essere brillante, frizzante ma anche velata di una melanconia,
quasi a volerci ricordare che la gioia è racchiusa in parentesi che vanno
colte e vissute intensamente perché sono, ohimè, brevi. E quanti uscendo
diranno: "peccato che sia finita!" |
Venerdì 12 aprile 2002
Turno A
Sabato 13 aprile 2002 Turno B
Domenica 14 aprile 2002 Turno C
ERANO TUTTI MIEI FIGLI
di Arthur Miller - traduzione di Masolino
DAmico
con Umberto Orsini e Giulia Lazzarini
regia di Cesare Lievi
Emilia Romagna Teatro
CTB-Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Teatro Eliseo |
dalle Note di Sala
Teatro Coccia Comune di Novara
Scritto nel 1947, questo dramma di Arthur Miller contiene un’importante
riflessione sulla guerra appena conclusa, delineando la ricaduta personale e
di coscienza individuale che il conflitto bellico ha generato in una
famiglia medio-borghese: un tema è constatazione amara perennemente attuale,
come l’autore stesso sottolinea in un suo commento del 1959: «Oggi posso
dire che si trattò di un’opera destinata a un teatro dell’avvenire. Mi rendo
conto di quanto sia vaga quest’espressione, ma non riesco troppo bene a
definire ciò che intendo. Forse significa un teatro, un’opera destinata a
diventar parte della vita dei suoi spettatori un’opera seriamente destinata
alla gente comune, e importante sia per la sua vita domestica che per il suo
lavoro quotidiano e insieme un’esperienza che allarga la sua consapevolezza
dei legami che si collegano al passato e all’avvenire, e che si celano nella
vita. La sua "socialità" non consiste nel fatto che essa tratta del delitto
di aver venduto materiale difettoso a una nazione in guerra, ma nel fatto
che il delitto sia visto come radicato in certi rapporti dell’individuo con
la società, e in una certa mentalità che il personaggio del padre impersona,
e che, se dominante, può comportare una vita barbarica per tutti noi,
indipendentemente dall’altezza dei nostri grattacieli».
Per il suo nuovo allestimento Cesare Lievi ha voluto nel ruolo del
protagonista un attore di straordinaria finezza e sensibilità quale il
grande Umberto Orsini, affiancandogli, in una parte di estrema delicatezza e
complessità, l’altrettanto grande Giulia Lazzarini. |
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