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Busseto Campo Santa Maria degli
Angeli stagione 2005
Attila
di Giuseppe Verdi
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Attila
Dramma lirico in un prologo e tre atti su libretto di Temistocle Solera
Tratto da Attila re degli Unni di Zacharias Werner.
Prima: Venezia, Teatro La Fenice, 17 marzo 1846
Attila, re degli unni, Basso Enrico Iori
Ezio, generale romano, Baritono Roberto Servile
Odabella, figlia del signore d'Aquileja, Soprano Hui He
Foresto, cavaliere aquilejese, Tenore Stefano Secco
Uldino, giovane bretone, schiavo d'Attila, Tenore Sang Jun Lee
Leone, vecchio romano, Basso Mauro Corna
duci, re e soldati, Unni, Gepidi, Ostrogoti, Eruli, Turingi, Quadi, Druidi,
sacerdotesse, popolo di Aquileja, vergini di Aquileja, ufficiali e soldati
romani, vergini e fanciulli di Roma, eremiti e schiavi.
La Scena durante il Prologo è in Aquileja e nelle Lagune Adriatiche; durante i
tre Atti è presso Roma.
Epoca: la metà del quinto secolo.
Orchestra e coro della Fondazione Toscanini
direttore Will Humburg
maestro del coro Marco Faelli
Regia di Riccardo Canessa
Scene e costumi di Artemio Cabassi
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La voce italica di Stefano Secco trionfa nell'opera degli Unni
Attila di Verdi è stato l'ultimo spettacolo in cartellone per l'estate verdiana
che da Busseto a Vigoleno ha animato il mese di luglio.
Lo spettacolo è andato in scena per tre sera in Campo S. Maria degli
Angeli - Busseto il 27, 29, 31 luglio 2005, le foto e i commenti si
riferiscono alla serata del 29. Il 7, 9, 10 luglio era stata rappresentata
la Traviata con la partecipazione degli allievi del Corso “Giuseppe Verdi:
il canto solista” con le problematiche dovute ovviamente al cambio di
interprete in corso d'opera per dare la possibilità ai numerosi partecipanti
di salire alla ribalta. La scelta di Attila ha dato conferma che quest'opera
è un lavoro che ha la sua validità e che regge ottimamente la prova del
pubblico. Ormai le arie più famose credo siano abbastanza conosciute, non
siamo più negli anni ante Sutherland o Muti quando Attila era archeologia.
Rappresentata a Busseto con una scena fissa, delle tende di rosso antico, con
inserti preziosi, e drappi infuocati sullo sfondo, ideata come i costumi da
Artemio Cabassi, è stata coordinata registicamente da Riccardo Canessa. Ogni
tanto si trovano ancora delle regie che si mettono al servizio della musica e
non ne stravolgono ritmi ed intendimenti con trovate cervellotiche, alla
Attila-nazzista, o Odabella assatanata ninfomane. Questa di Canessa ha cercato
di coordinare al meglio i movimenti dei protagonisti e delle masse
concentrandosi sull'espressione dei sentimenti più accesi del quartetto Attila,
Odabella, Foresto ed Ezio, centrando nella apparizione di Leone il momento più
pittorico dell'allestimento. Magari ci sarebbe voluta una trovata anche per
l'arrivo delle barche da Aquileia o qualche super effetto per la procella, ma
anche così ha ben funzionato.
La bacchetta di Will Humburg ha condotto la musica verdiana con impeto,
quanto l'inesauribile direttore ha dimostrato con i suoi gesti direttoriali di
tale veemenza, incitamento e partecipazione che lo hanno alla fine presentato
alla ribalta sudatissimo e quasi stremato.
In quanto ai cantanti il trionfo più assoluto ha accompagnato la prova del
tenore Stefano Secco (Foresto) che con il bel timbro della sua voce ed una
interpretazione attenta e partecipata ha scatenato la platea in trinonfali
applausi e grida di "Bravo!".
Fisicamente molto prestante l'Attila del basso Enrico Iori, si comprende tanta
titubanza da parte di Odabella nell'ucciderlo, ha dominato il suo personaggio
con punte di maggior spicco nei momenti particolarmente drammatici. La voce è
bella anche se non si tratta di un basso profondo, in stile russo tanto
per dire.
Odabella era il soprano Hui He, scenicamente forse un po' troppo accesa, vedi
gli spintoni che da ad Attila nelle prime scene, ha avuto una linea di canto
corretta anche se sarebbe da migliorare la dizione italiana.
Meno rilevante la prova di Roberto Servile come Ezio, scenicamente corretto,
molto nobile nelle vesti del rappresentante di Roma Imperiale, ma ci è sembrato
piuttosto stanco vocalmente.
Mario Mainino
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Nota storica:Nel 400
Alarico invase l’Italia, ma fu sconfitto (402) dal generale Flavio Stilicone,
ministro di Onorio. Alla morte di Stilicone (408), Attila organizzò una nuova
spedizione pose l’assedio a Roma.
Perché Attila desistesse dall’assedio, Onorio dovette pagare una notevole somma
in oro e liberare circa 40.000 schiavi barbari. |
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Urli, rapine, Gemiti, sangue, stupri,
rovine, E stragi e fuoco D'Attila è gioco. |
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Al re degno tributo ei mi sembrò.
Mirabili guerriere Difesero i fratelli . . . |
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Santo di patria indefinito amor! |
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Ezio torna ad essere di Roma ambasciator |
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CORO di EREMITI: I: Qual notte! II: Ancor
fremono l'onde al fiero Turbo, che Dio d'un soffio suscitò. |
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Quai voci! Oh, tutto Di navicelle coperto
è il flutto! . . . Son d'Aquileia. Certo al furor Scampan dell'Unno. |
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Cara Patria già madre e reina |
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Ah nel fuggente nuvolo |
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Sì, quell'io son, ravvisami,
Che tu tradisti, infida; |
Col tuo pugnal feriscimi . . .
Non col tuo dir, Foresto; |
Oh, t'inebria nell'amplesso,
Gioia immensa, indefinita! |
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Uldino non hai veduto...
Mentre gonfiarsi l'anima..
Or son liberi i miei sensi |
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LEONE:
Di flagellar l'incarco
Contro i mortal hai sol.
T'arretra! . . . Or chiuso è il varco;
Questo de' numi è il suol! |
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LEONE, ODABELLA, FORESTO e VERGINI:
Oh, dell'Eterno mira virtute!
Da un pastorello vinto è Golìa.. |
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EZIO:
"Tregua è cogl'Unni. A Roma,
Ezio, tosto ritorna . . . a te l'impone
Valentinian."
L'impone! . . . e in cotal modo,
Coronato fanciul, me tu richiami? . . |
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Dagli immortali vertici
Belli di gloria, un giorno,
L'ombre degli avi, ah, sorgano
Solo un istante intorno! |
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FORESTO:
Ad un cenno pronte
Stian le romane schiere;
Quando vedrai dal monte
Un fuoco lampeggiar,
Prorompano, qual fiere,
Sullo smarrito branco! |
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DRUIDI:
Nel cielo
Vedi adunarsi i nembi
Di sangue tinti . . . Di sinistri augelli
Misto all'infausto grido
Dalle montagne urlò lo spirito infido! |
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ATTILA: (alzandosi)
Ezio, ben vieni! Della tregua nostra
Fia suggello il convito. |
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ATTILA: (ricevendo la tazza da Uldino)
Libo a te, gran Wodano, che invoco! |
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ATTILA: (traendo la spada)
Ah! In mia mano caduto se' alfine,
Ben io l'alma dal sen ti trarrò. |
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ATTILA:
Tu doman salutata verrai
Dalle genti qual sposa del re. |
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FORESTO:
Qui del convegno è il loco . . .
Qui dell'orrende nozze
L'ora da Uldino apprenderò . |
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ODABELLA:
Tu qui, Foresto? . . . Ascoltami,
Pietà del mio martir.
Te sol, te sol quest'anima
Ama d'immenso amore;
Credimi, è puro il core,
Sempre ti fui fedel.
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Che mai vegg'io? . . . Qui, perfidi,
Veniste a nuova trama? |
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Tu, rea donna, già schiava, or mia sposa;
(a Foresto)
Tu, fellon, cui la vita ho donata;
(ad Ezio)
Tu, Romano, per Roma salvata,
Congiurate tuttor contro me? . . .
Scellerati . . . su voi sanguinosa
Piomberà la vendetta del re. |
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ODABELLA:
Padre! . . . ah padre, il sagrifico a te. |
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servizi fotografici di
Fabio Borsani
montaggio grafico di Mario Mainino